Liberté, egalité ma tienilité

Quello che sta succedendo in questi giorni a Ventimiglia, al confine tra Francia e Italia, non è in sé qualcosa di straordinario. I fatti di cronaca è vero sono agghiaccanti, e gli sgomberi dei rifugiati hanno valenza disumana ma resta pura cronaca, inoltre non è novità per questo territorio. Ricordiamo la crisi libica del 2011 quando la Francia chiuse la frontiera per i rifugiati libici provenienti dall’Italia e che cercavano asilo in Francia.

In Italia questa cronaca è stata gonfiata con tanti elementi di propaganda politica che spazia da quella locale a quella europea. Per contro, in Francia è stata descritta come un caso di chiusura per un motivo eccezionale dello spazio Schengen e solo per poche ore. Infatti nella attualità francese la chiusura del confine a Mentone non ha avuto lo stesso peso che sta vendo in Italia.

I francesi hanno spiegato la chiusura delle frontiere, con una giustificazione giuridica.

La legge, e la legge non deve per essere per forza giusta, parla chiaro. La Francia non ha l’obbligo di tenere o far entrare i migranti extraeuropei che prima hanno sostato in un altro paese europeo. Tocca all’Italia occuparsene. I cittadini europei e coloro che hanno un passaporto di uno stato conosciuto dal trattato Schengen possono passare il confine, tutti gli altri no.

Certo che la durezza giuridica dei francesi e anche il loro freddo menefreghismo colpisce ma nei fatti di cronaca colpisce anche il metodo in cui vengono trattati questi esseri umani dagli italiani e dai francesi. Per carità ci sono dei volontari e delle persone che provano ad aiutare i migranti africani con quello che possono, dandoli un bottiglia d’acqua o un pacchetto di sigarette.

Invece il potere pubblico si fà vedere solo quando deve sgomberare con violenza o quando deve attaccare la Francia. Mentre il ministro degli interni italiano girovaga in Europa per chiedere aiuti? chiarimenti? colpevoli? alla comunità europea, Ventimiglia è diventato un campo di rifugiati.

Ora i chiarimenti ed i colpevoli si trovano e ci sono già, dipende dai punti di vista.

Schengen da riformare, integrazione dell’ Unione Europea al minimo storico, ruolo debole dell’Italia in Europa, ce n’è di tutto e per tutti.

migranti mentone

Ma l’Italia deve capire che prima di tutto deve guardare in casa propria, lavarsi i panni sporchi in casa propria e uscire con la testa alta da questo scandalo europeo. Perché dare la colpa agli altri è sempre stato facile.

Quanto materiale per Charlie Hebdo!

« I primi giorni del gennaio 2015 sconvolsero la Francia furono il causus belli di una nuova guerra mondiale. Una guerra diversa dalle altre, senza scontri tra eserciti. Una guerra mondiale basata sul terrore, sullo scontro tra civiltà e sullo scontro tra religioni, dove quella islamica è allo stesso tempo vittima ed aggressore. »-I libri di storia di un futuro prossimo potrebbero cominciare così la descrizione del momento in cui stiamo vivendo. D’altronde qualcuno lo pensa e lo dichiara senza grandi indugi. Ma se gli storici del futuro giudicheranno positivamente la storicità delle parole di Alain Finkielkraut o di un Giuliano Ferrara, forse questi giorni saranno raccontatati in modo alterato.

Ma torniamo alla realtà.

charlies balles tragiques

I fatti che si sono susseguiti negli ultimi giorni a Parigi nella sede del settimanale Charlie Hebdo e nella sua periferia hanno dimostrato tante cose:

  •  l’uomo è l’essere più debole, il più forte, il più malleabile, il più malvagio in Natura.
  •  l’uomo può provare dolore e compassione quando viene attaccata la sua alterazione preferita ( l’umorismo e tutte le sue declinazioni).
  • La solidarietà spontanea formata subito dopo l’attentato al settimanale è stata metà vera  e metà falsa. Da applaudire quelli che sinceramente credono che l’assalto a Charlie Hebdo sia stato un attacco alla libertà d’espressione- concetto vitale per un mondo sporco come il nostro. Sono pochi ma buoni. Sdegno per quelli che Giorgio Gaber definisce delle caramelle di merda ricoperte di cioccolato. Questi invece sono tanti e poco definibili.

La presa degli ostaggi al negozio Kosher da parte di Amedy Coulibaly e l’assalto a Dammartin –en-Goele dei fratelli Kouachy, dopo aver ucciso la redazione del settimanale sattirico, hanno dimostrato il fallimento totale dei servizi segreti francesi. L’intelligence francese, seconda sola a quella americana è la prima indagata di questo affare. Tutto ciò si poteva evitare, si doveva evitare. Come si potevano evitare le tesi complottiste di Beppe Grillo, le quali però hanno la giusta linfa per intrecciarsi e tessere scenari intriganti. D’altronde tutti si sono posti la questione. Come si fa a non arrestare oppure trovare 4 persone, dopo aver mobilizzato polizia, gendarmeria, esercito, intelligence?

L’operato inefficiente dei servizi segreti francesi è un altro dettaglio che dimostra come la questione della comunità musulmana in Francia deve essere trattata in maniera trasparente e totalmente diverso dal modo in cui è stata trattata da quando essa è nata, cioè dal secolo scorso. Questa comunità ha reso la Francia per tanto tempo un paese forte in molti aspetti; in termini economici (materie prime dalle ex colonie a buon prezzo, forza lavoro, tasso di natalità, etc), in termini sociali ( laicità, tolleranza, multiculturalismo etc). Nello stesso tempo, come ogni comunità, anche quella musulmana comporta delle problematiche (e la letteratura e i fatti non mancano per conoscerle) ma che sono spesso trattate in modo superficiale o peggio nascoste non solo fisicamente nelle banlieues, nei rapporti, nelle statistiche, nelle leggi della repubblica Francese.

Nell’ultimo libro di Stephan Houllebecq, popolarissimo anche grazie a Charlie Hebdo, si immagina un ballottaggio tra un partito musulmano e il fronte nazionale. Il partito musulmano lo vince e instaura un regime islamico nella Francia del 2022.

Speriamo che il libro non sia tragicamente profetico come l’ultima vignetta di Stephane Charbonnier, ma soprattutto speriamo che l’esito contrario del ballottaggio non si verifichi mai.

SARKOZY E’ GIA PRESIDENTE!

Le speranze di Nicolas Sarkozy per candidarsi alle elezioni presidenziali del 2017, verranno messe di fronte ad un test importante questo sabato, quando gli aderenti del partito UMP voteranno il loro nuovo leader. Sarkozy, candidato favorito, aspetta con impazienza questo ritorno in politica, dalla quale è rimasto (solo fisicamente) fuori dopo la sconfitta del 2012.

Di fronte a due outsider come Bruno LeMaire e Hervé Mariton, l’ex presidente della Repubblica non dovrebbe avere difficoltà apparenti a vincere le primarie chiuse dell’UMP ( solo gli aderenti al partito votano). L’obiettivo è piuttosto vincere con una grande maggioranza tale da garantire a Sarkozy un ritorno indiscusso e soprattutto placare le divisioni interne, dopo l’uscita di quest’ultimo. Ricordiamo lo scontro Fillon – Copé e gli scandali finanziari. Ci sarebbe poi da riguadagnare quella parte dell’elettorato che è andato al Fronte Nazionale.

Sarkozy con la sua piattaforma elettorale punta non solo a riacquistare quelle persone sedotte da Marine Le Pen ma anche ad assicurarsi quella parte di elettorato conservatore, preoccupata dal viso sempre più multicolore della Francia odierna, che rimane il paese con il maggior numero di persone di fede musulmana in Europa.

“Essere cittadino francese, significa adeguarsi al modo di vita francese, ad accettare le regole della Repubblica Francese ed abbracciare la sua lingua e la sua cultura” – dichiara disinvolto Sarkozy di fronte al suo feudo di Boulogne – Billancourt.-

Con la stessa scioltezza risponde ad un militante che aveva un senso nominare Rachida Dati come ministro degli interni: “Chi meglio di lei, di padre marocchino e madre algerina può occuparsi di politiche penali”. Un’affermazione che ha un fondo di razzismo secondo l’associazione SOS Racisme.

In questi giorni impazza l’hashtag sarkonnerie, un neologismo che fonde le parole Sarkozy e conneries ( cavolate)

Sarkozy, confondendo la presidenza del partito con quella del paese, annuncia già come far uscire la Francia dalla crisi economica; abbassando le spese pubbliche in modo drastico e riformare le leggi sul lavoro.. La battaglia mai vinta sulle 35 ore settimanali.

Sulla falsariga della retorica euroscettica britannica, il Sarkò incita l’Unione Europea a dare pià poteri ai paesi membri ed a riconsiderare il trattato Schengen. Infine, non può mancare la promessa di abolire la legge del 2013 sul matrimonio per tutti i sessi.

 

Nicolas Sarkozy, vinse nel 2007 perché rappresentava la novità e novità fu per un paese lento a cambiare come la Francia. Ora a 59 anni, Sarkozy sembra già vecchio e per di più è annebbiato dalla vendetta contro tutto e tutti.

Forte del carisma, che pochi hanno in Francia, e di un elettorato sempre fedele, prepara la sue rientrata in politica ma va veloce, troppo veloce, dimenticando che le elezioni presidenziali sono tra due anni e di fronte non avrà qualche outsider del suo partito ma ben altre figure. Una su tutte, Alain Juppé.

LA FRANCIA CAMBIA ! – finalmente

Il Bing bang territoriale, annunciato da Francois Hollande dopo la disfatta alle elezioni europee, è iniziato questa settimana con l’approvazione del progetto di legge che prevede la riduzione delle regioni francesi.

La legge prevede la fusione di alcune regioni perciò nel 2016 la Francia non conterà più 24 bensì 13 regioni. Sono poche le regioni che rimangono invariate come la Provenza Alpi Costa Azzurra, la Corsica e la regione di Parigi ( l’Île-de-France). Nel sud ovest ci sara una grande regione nata dalla fusione dei Midi-Pirenei e Linguadoca-Rossiglione, cosi come nel nord dove prevarrà una grande regione della Piccardia. Nel nord est ci sarà la fusione delle tre regioni attuali (Lorena, Chamapagne Ardenne e Alsazia).

Le regioni francesi nel 2014

Le regioni francesi nel 2014

Anche se in un primo aspetto questa riforma sembra il solito colpo di reni di Francois Hollande per rimediare all’ennesimo fiasco elettorale e all’ennesimo crollo nei sondaggi, la questione territoriale in Francia è un argomento spinoso e pocchi sono riusciti ad imporre una propria volontà nel trattarla.

 

le nuove regioni francesi nel 2016

le nuove regioni francesi nel 2016

 

 

Stato centralizzato per eccellenza, la Francia è stato uno degli ultimi paesi europei a decentralizzarsi ed a promuovere la regione come ente territoriale. Le regioni nascono nel periodo della volontà riformatrice sotto il primo Mitterrand, spinto anche da qualche eletto locale di grande potere come il sindaco di Marsiglia e ministro degli interni Gaston Defferre. Pur nascendo nel 1982 la regione ha validità giuridica solo a partire dal 1986 diventando subito il primo livello di divisione amministrativa dello Stato. Quello che è che conosciuto in Francia come il primo atto della decentralizzazione  nasce in un momento storico particolare caratterizzato dalla nascita del fondo europeo per lo sviluppo delle regioni (FESR). La nascita delle regioni diventa quindi un obbligo intrascendibile.

Tuttavia la regione, fin dalla nascita si trova in lotta constante con l’ente storico del dipartimento, soprattutto per quel che concerne le competenze riservate e quelle in comune. Si partiva col principio che le competenze della regione erano di carattere generale come lo sviluppo economico, la sanità, le grandi infrastrutture, nonché lo sviluppo dell’integrazione territoriale nell’ambito della comunità europea (le euroregioni). Spesso queste competenze vengono appropriate dai dipartimenti oppure dalle inter-communalità (le città metropolitane). Per dare un’idea della confusione che regna sulle competenze dei enti territoriali in Francia, ricordiamo che le regioni finanziano le scuole medie e superiori, i dipartimenti, l’università invece i communi le scuole elementari e gli asili.

La confusione creata dal primo atto di decentralizzazione è stato subito notato dal potere centrale francese non solo per la paradossalità ma soprattutto per i costi elevati e per il potere che gli eletti amministrativi guadagnavano nel tempo. La prassi vuole che in Francia, un deputato sia anche un sindaco o presidente di un dipartimento/regione.nel 2008 ci provò Sarkozy proponendo di sopprimere i dipartimenti ma non ci riusci, le lobby locali s’impossero.

La fusione delle regioni, pur non piacendo ai notabili locali di destra e di sinistra, è un modo secondo Hollande di limitare gli sprechi enormi della decentralizzazione ma anche il potere nobiliare di molti esponenti politici. Certe personalità come Martine Aubry ( PS Deputato, sindaco di Lilla) oppure Alain Juppé ( UMP, deputato e sindaco di Bordeaux) sonno sempre dei potenziali antagonisti del presidente, il secondo si profila come un diretto avversario alle prossime presidenziali.

La Francia pur cambiando la sua struttura amministrativa locale resta comunque, uno stato giacobino, il presidente ovvero il potere centrale decide, comanda ed eseguisce.

 

 

Les douleurs des jeunes italiens et les joies de Matteo Renzi

Un débat politique brulant enflamme l’Italie. Le jeun premier ministre Matteo Renzi, en suivant sa agenda réformatrice va proposer très tôt au parlement une reforme sur le monde du travail. The Job act – eh bien depuis quelques décennies l’Italie n’est plus l’héritière de la langue latine – est l’as dans le trou du jeune premier ministre. La proposition de reformer le travail circule depuis l’accession au pouvoir de Matteo Renzi, avec les 80 euros dans les fiches de paie pour les salaries qui touchent moins de 1500 euros. D’ailleurs ces deux propositions et autres promesses ont permis au premier ministre et à son parti, Parti Démocrate de triompher aux élections européennes.

Or, les jours de gloire de Matteo Renzi semblent se diriger vers la fin, l’enthousiasme lui il est dépassé depuis longtemps désormais. Reste seulement le travail impossible pour remettre de bout l’Italie.

L’agenda de Renzi, lors de son arrivée au pouvoir avait trois piliers :

1 la reforme constitutionnel : abrogation des provinces et nouvelle loi électorales. Pour cela Renzi n’a pas hésité à appeler Silvio Berlusconi et collaborer en manière étroite avec ses hommes. Silvio Berlusconi n’est pas le chef de l’opposition, en Italie c’est le Mouvement 5 Etoiles le plus grand partie de l’opposition et puis Silvio Berlusconi n’avait jamais mis pied au siège du parti Démocrate.

Petit sacrilège au nom de la démocratie, du pluralisme et de l’importance de la reforme, mais l’Italie n’a pas encore une loi électorale.

  1. La reforme de l’administration : la bureaucratie de l’Italie est devenue un parasite énorme pour le destin de ce pays et les couts de la classe politiques restent démesurées. Si dans le deuxième volet quelque chose a été faite (suppression du Senat), la reforme de l’administration reste un mystère.
  2. La reforme du travail : Le gouvernement italien a décidé de mettre fin à la précarité du travail en Italie. Le but du job act c’est clair et noble mais la façon reste à déchiffrer.

Matteo Renzi crie à droite à gauche la nécessité de modifier le monde du travail. Il le fait dans toutes les manières possibles, pas seulement sur Twitter, il est allé même aux Etats-Unis pour dire que l’Italie doit changer le monde du travail.

Or, une proposition de loi complète elle n’est pas encore présentée aux chambres du parlement. On sait des points des idées mais pas encore une proposition de loi qui montre quand cette loi va rentrer, comment elle va être financier, qui elle va toucher ? Par exemple on sait que le gouvernement veut proposer un contrat unique pour les nouveaux embauchés. Le contrat d’une durée de trois ans est censé de remplacer tout type de contrat précaire ( ils existent une trentaine en Italie). Matteo Renzi veut aussi créer une allocation chômage à la française.

Dernièrement, même s’il n’est pas écrit, enfin nous on l’a pas vu mais les déclarations de Renzi balayent toutes les doutent, la loi supprimerait aussi l’article 18 du statut des travailleur, une loi italienne des années 70 que permettent aux travailleurs une très forte garantie dans le cas d’un licenciement. L’article 18 suscite toujours les vielles idéologies en Italie. Les gouvernements qui se sont succédés ont toujours évité de toucher cet article.

Toutefois, le courageux Matteo a décidé de revitaliser ce débat en présentant la job act. Il s’est déclaré prêts à combattre toute type de idéologie (syndicats et l’aile gauche de son parti) et continuer sa lutte pour créer des emplois.

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Hier la loi est passée au Senat, après la question de confiance. Mais il ne s’agit pas d’une loi ordinaire mais d’une embauche que doit permettre au gouvernement de l’améliorer le job act. On sait que l’article 18 reste invariable dans le fond, on va expérimenter un salaire minimum pour les travailleurs qui ne sont pas embauché par un contrat de type national

(le 15%) et on essaie de encourager les entreprises à embaucher par le biais du contrat unique de trois ans (lequel est censé à supprimer tout les contrats précaires).

La loi est un expérimente et reste très vague, comme toutes les opérations du gouvernement Renzi. Matteo Renzi il s’est montré encore capable de créer des clivages au sein de son parti, cela faisait longtemps que le Parti Démocrate n’était pas si divisé comme ces derniers semaines entre Renziani) et anti renziani (en gros tous les anciens cadres du parti, Bersani, D’alema, et le nouveaux antagonistes de Renzi). Renzi a la capacité de diviser aussi l’opinion publique de manière très aisée. Meme si on parle de la reforme du travail depuis trois semaines, personne a encore compris le fond de ce reforme, chacun a sa explication, selon sa idéologie.

Une chose reste encore certes en Italie. Les idéologies vivent encore ou elles ne sont pas bien cachées et seul le deuxième pays dans la zone euro (juste après la Grèce) où le chômage est augmenté.  Le taux du chômage pour les jeunes est incroyable. 43% des jeunes italiens sont sans emplois.

 

 

 

L’ASSOLUTISMO FRANCESE NEL XXI SECOLO.

La rentré ( in francia è il periodo subito dopo agosto quando le vancanze finiscono e con l’inizio delle scuole riprende anche la vita quotidiana) è stata caratterizzata da sconvolgimenti politici. La prima settimana di settembre è nato il secondo governo Valls, il terzo durante il quinquennio della presidenza di Francois Hollande, cominciato solo nella primavera del 2012.
Dopo il primo scioglimento del governo Ayreault, dovuto alla sconfitta alle europee del 2014, il governo Valls 2 è scoppiato per motivi interni.
Il 25 agosto Manuel Valls presenta le dimissioni al Presidente e il giorno dopo lo stesso Hollande incarica lo stesso ex ministro dell’interno di formare un nuovo gabinetto, questa volta senza gli “attaccabrighe”, guidati dal ministro dell’industria e dell’economia Arnaud Montebourg.
Arnaud Montebourg insieme al ministro dell’Istruzione Benoit Hamoun aveva attacato in modo non proprio indiretto la politica estera (il rigore dell’eurozona) di Hollande che comprometteva ,secondo lui la situazione socio economica all’interno della Francia. In poche parole, durante un comizio in una festa dell’unità alla francese Montebourg aveva espresso il suo dissenso nella politica rigorista della Germania che impediva uno slancio della Francia e dell’unione europea.

Ora che la pulizia è fatta, Hollande sembra avere ancora dei colpi di reni da utilizzare per imporre il suo potere, ovviamente tutto garantito dalla Costituzione. Qualche analista pensa ad un cambiamento della sua politica.
Si andrebbe verso un socialismo più liberale ( una volta si diceva riformista) allentando quel socialismo (di sinistra) francese che lo ha fatto crescere ed arrivare fino a dove si trova e stendendo la mano ai verdi. presto il governo Valls 3 avrà bisogno della fiducia parlamentare ed non è scontata.
Resta però un Presidente che non ha mai avuto il consenso dei suoi elettori. Pure Manuel Valls, che era il membro del governo più apprezzato ha perso molto consenso grazie all’operato inefficace di Hollande.

hollande incazzato

L’impasto di governo, arrivato da alto, non è una novità nella quinta repubblica francese, dove il presidente può diventare un sultano nominando e scomunicando i vizir della sua corte. E’ successo parecchie volte nel passato, ogniqualvolta bisognasse dare una scossa all’azione del governo in un momento di crisi politica. Una volta aver raggiunto la metà più uno dei consensi Il presidente è onnipotente, un sultano, un re assoluto e nessun può fermare o criticare il suo operato senza conseguenze. La quinta repubblica francese è anche questo.

Tra deliri e scandali: La fine della destra repubblicana francese?

sarkozy arrestatoLo stato di fermo di Nicolas Sarkozy accusato di concussione e di abuso d’ufficio è l’ultimo in ordine cronologico dei terremoti giudiziari che stanno colpendo la destra repubblicana, in particolare l’UMP in Francia. Sarkozy è inoltre accusato di corruzione nella stessa vicenda, per non scordare gli altri casi giudiziari come l’affare Bettancourt e i rapporti con Gheddafi. Ciò che ha scosso l’opinione francese è soprattutto il fatto che mai prima d’ora un ex presidente fosse accusato di tali misfatti. Bisogna ricordare che in Francia un ex presidente è un cittadino come gli altri e non ha nessuna immunità parlamentare come in Italia.

 

Il fermo di Sarkozy arriva un mese dopo le dimissioni di Jean Francois Copé, colui che aveva preso il posto di Sarkozy come guida dell’Ump, dopo la perdita delle elezioni presidenziali del 2012. Copé si era dimesso dopo lo scandalo delle fatture falsificate da una società contabile per ordine dell’UMP per nascondere le enormi spese del partito durante la campagna elettorale.

Il vuoto lasciato da Copé, aveva incitato una parte del circolo mediatico vicino all’ex presidente a spingerlo a non nascondersi più a riprendere il suo partito. Ma il fulmine in un cielo poco sereno ha scombussolato tutti i piani di Sarkozy.

 

Ora l’UMP è guidato da una specie di triumvirato fino alla prossima assemblea nazionale. Francois Fillon, ex primo ministro di Sarkozy, acerrimo rivale da due anni di Copé tanto ché è candidato ufficiale alle presidenziali del 2017 da quando Copé ha preso la guida dell’UMP. Jean Pierre Raffarin, ex primo ministro e chirachiano della prima ora, egli rappresenta la vecchia RPR di Jacques Chirac e pur mancando di carisma è l’uomo più influente ed ascoltato della destra francese.

Infine c’è Alain Juppé, ministro degli esteri sotto Sarkozy, ma rappresentate di quella destra che il primo Sarkozy ha pugnalato alle spalle, quando si schiero c Eduard Balladur contro chirac nell 95. ll sindaco di Bordeaux sembra uno degli indiziati a diventare capo dell’UMP e candidato ufficiale nel 2017 ma al momento lui resta con stile fuori dai dibattitti sul futuro.

C’è un partito da rifondare, salvarlo finanziarmene e soprattutto riunire un partito diviso in mille fazioni, dove ogni giorno esce uno scandalo ed un nuovo candidato per le presidenziali, che pure sono ancora lontane.

Qualche giorno fa pure Christian Estrosi, sindaco di Nizza e sarkozista fedele, aveva espresso la sua aspirazione per diventare candidato dell’UMP nel 2017 ma che era disposto a rinunciare nell’eventualità di un ritorno di Sarkozy.

Christian Estrosi si è reso protagonista di uno sgradevole episodio che molti l’ho hanno definito razzista e xenofobo. Il sindaco di Nizza a poche ore prima della partita di Lunedi tra Algeria e Germania, valevole per gli ottavi del campionato del Mondo in Brasile, ha emanato un decreto comunale che vietava l’uso ostentatorio di bandiere straniere in città.

Questo è una risposta, secondo Estrosi ai disordini accaduti in certe città Parigi, Marsiglia Lione, dove molti algerini sono scesi in piazza a festeggiare oppure nelle strade. Pure la comunità algerina di Nizza ma dove disordini di ordine pubblico non si sono rilevati, soltanto delle macchine che suonavano il clacson ed addobbate con bandiere algerine. Estrosi non è nuovo a queste trovate, già due anni fa aveva impedito alle macchine di suonare il clacson, durante un matrimonio, una tipica usanza della comunità maghrebina.

 

LA PASSION DE BEPPE GRILLO

Une semaine difficile pour le mouvement 5 Etoile celle qui vient de se terminer. L’aspiration de triompher aux élections européennes et de commencer une nouvelle époque dans la politique italienne et européenne n’est pas encore complètement achevée.

Evidemment le bon résultat de 21% des voix n’a pas été retenu satisfaisant pour Beppe Grillo qui se voyait déjà en train de faire la révolution italienne. Il est même allée chez Porta a Porta ( le salon de la politique italienne) pour parler de politique et faire campagne electorale. Lui, Beppe Grillo, qu’ au début de son aventure politique avait empêché aux parlementaires du mouvement d’aller à la télé et de se faire interviewer.

La déception des résultats est devenu très tôt un problème au sein du mouvement lors du début des négociations pour former un group au parlement européen. Rappelons nous que pour se faire entendre (et pour avoir aussi plus de financements) à l’assemblée européenne il faut s’organiser dans des groupes politiques de députés formé par un minimum de 25 parlementaires venant de au moins 7 pays membres. Cette question concerne tous les partis anti européen qu’ont eu des bons résultats mais qu’ils ne veulent plus rester dans les groupe de non inscrits (notamment le FN).

Le 28 Mai Grillo déclare sur son blog http://www.beppegrillo.it/ , d’avoir déjeuner avec Nigel Farage, leader de UKIP le parti xénophobe et antieuropéen anglais, pour entamer les négociations afin de former un groupe de parlementaire à Strasbourg.

Cette déclaration n’a pas été jugée positive par la base et par quelques représentants du mouvement 5 Etoiles. « Nous on n’est pas xénophobe ! »- dit la base. Une base cachée derrière un ordinateur mais que est présente et que principalement est la seule nouveauté du mouvement crée par Grillo. D’ailleurs, le mouvement a toujours refusé de s’allier avec l’autre parti d’extrême droite triomphant aux dernières élections (le FN).

Le peuple du web est la racine du mouvement, même si Grillo a su attirer soit ceux qui votaient Berlusconi , soit les déchus de la gauche italienne. Contraire à cette démarche du comiques génois se déclare aussi cette partie de l’opinion publique italienne qui soutien le mouvement, surtout le journal il « fatto quotidiano ». De plus, un document secret à été dévoilé et cela a alterné les rapports entre Beppe Grillo et Gianroberto Casaleggio (le chef caché du mouvement et peut être le plus fort mais le moins charismatique).

Beppe grillo se tranforme Jésus Christ.

Beppe grillo se tranforme Jésus Christ.

Le mouvement 5 étoiles a bouleversé la politique italienne et on a remarqué des démarches intéressantes, comme par exemple plus de transparence et une vrai partie de opposition. Avec la chute constante de Silvio Berlusconi on est en train de voir un bipartisme en Italie. Le parti démocratique de Matteo Renzi e le mouvement de Beppe Grillo. Ensuite, le comique a abandonné son autoritarisme et sa façon de faire que renvoi à Mussolini. Enrico Berlinguer est devenu le model pour le mouvement pendant la dernière campagne électorale. Le mouvement est tout à fait dans le système politique italien, il a un  rôle important et il influence le système. D’ailleurs, malgré tout, le 21% est un très bon résultat pour une force anti système. Mais ils n’ont pas encore bien compris leur force et pour l’instant c’est leur force qui le met en difficulté.

 

 

 

 

Niente di nuovo sul fronte nazionale

“Sisma in Francia!” titolano i giornali di tutto il mondo all’indomani delle elezioni europee del 25 Maggio. “Choc” è la parola più usata dalla classe politica francese e dall’opinione pubblica. Choccante era il viso di Manuel Valls in un intervento registrato subito dopo i risultati. Sembrava che piangesse o che fosse uscito da una rissa andata male, ma forse il trucco era fatto male oppure la qualità del video era scarsa. Infine, “vergogna!” è la sentenza di coloro che hanno immaginato un colpo di reni da parte di quelli che credono ancora nell’Europa (talvolta veramente, talvolta per detto dire, talvolta perché è sempre bello credere in un’utopia).

Dopo i festeggiamenti del FN e i soliti riti post – risultato ( ad esempio la richiesta delle dimissioni del governo e lo scioglimento delle camere) si passa all’analisi politica per capire come mai la Francia ha fatto diventare un partito xenofobo, antieuropeista e razzista prima forza politica del paese.A cos’è dovuto questo terremoto?

In queste ventiquattro ore sappiamo già tutto e ne sapremmo di più nei mesi e nei prossimi anni con pubblicazioni e articoli che spiegheranno per filo e per segno questo “incidente”.

In primis, il tasso elevatissimo di astensione. Poi la divisione della destra repubblicana tra copeisti, fillonisti e sarkozisti. Infine, la caduta libera della sinistra, dovuta all’operato, per niente esaltante, di Francois Hollande. I numeri preferiamo lasciarli agli altri, a quelli che riescono a cambiarli sia prima o che dopo le elezioni secondo i propri interessi. Tra le cause di questo trionfo di Marine le Pen, si aggiungono il suo discorso antieuropeo e la tematica anti – immigrazione che ha infiammato la Francia accendendo le simpatie verso la figlia di Jean Marie Le Pen. Mettiamoci anche il cambiamento del partito stesso. Ora l’FN non è più un partito anti sistema. E’ una partito moderno, sta dentro al sistema e si abitua facilmente. Non vuole essere più estremista. La sua ideologia è ancora fuori ma pian piano sta entrando nel sistema politico. D’altronde, dal 2007 il partito di centrodestra UMP, cerca di assimilare questa ideologia ma non le viene facilmente. La destra gollista non può essere xenofoba ma potrebbe attirare le simpatie della classe operaia la quale, dopo la caduta del muro di Berlino, non è più di sinistra. Almeno nel continente europeo.

Ma queste sono delle spiegazioni politiche. Si tratta di ragionamenti razionali e logici ma sempre politici. Ma la politica è una prostituta. Anche una prostituta ragiona con dei criteri qualitativi e quantitativi per attirare il proprio cliente e avere il proprio interesse e se lo perde sa che prima o poi tornerà, basta trovare un metodo. 95244070

La questione è più profonda dello score di FN, che è già stato relativizzato. Nell’opinione pubblica francese, già si evidenzia la differenza di voti tra Jean Marie le Pen del 2002 e il risultato di Marine le Pen di domenica scorsa. Il padre nel primo turno aveva preso più voti. Ma l’opinione pubblica non contestualizza. Se contestualizzasse, non sarebbe più opinione pubblica, cioè effimera. La questione è più profonda e forse i francesi se ne sono resi conto. In Francia le idee di Marine Le Pen piacciono un po’ a tutti, chi le dimostra direttamente votandola chi le dimostra astenendosi, chi ha troppo pudore o troppo paura di uscire da una situazione di disagio oppure di anestesia.

L’anti europeismo è sempre stato uno stato d’animo presente nei francesi. Più che anti europeismo è una sorta d’ignoranza volontaria dei francesi verso l’Europa e tutto ciò che non è francese. Per i francesi l’Europa non c’è, non serve. Non è come in Francia.

L’Europa dei popoli, della pace, l’adozione da parte della UE della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino sono poco rilevanti agli occhi dei francesi.

Ci sarebbe Jacques Delors, uomo politico francese e un presidente di Commissione rivoluzionario. Rivoluzionario perché le politiche di austerità e la moneta unica nascono con la commissione Delors nella metà degli anni ’80 non con la crisi dei subprime. Il liberismo della Thatcher era già presente in una parte della sinistra europea molto prima di Tony Blair. E poi la PAC, che dà tanti soldi ma non si sa che fine fanno poiché gli agricoltori francesi sono sempre incavolati. Infine, l’asse Parigi – Berlino, ma loro ( i tedeschi) sono sempre stati più forti. Resterebbe quindi solo il ricordo storico del padre fondatore Robert Schumann come unico riferimento positivo dell’Unione Europea.

Jean Luc Mélénchon, candidato del fronte di sinistra, con il suo programma di estrema sinistra proponeva i stessi punti del FN, ma si è fermato al 4%. Perché? E’ lui stesso che lo spiega, subito dopo i risultati, che in Francia i criteri sociali sono stati sostituiti da dei criteri etnici.

I criteri etnici di cui parla l’antagonista di Marine Le Pen esistono da almeno 40 anni in Francia. Etnico per il genere umano è una bruttissima parola, tanto quanto la parola razza. Però da quando le persone provenienti dalle ex colonie cominciarono a stabilirsi definitivamente in Francia esiste una questione immigrazione ovvero etnica per il FN. Ora siamo alla seconda e terza generazione e non si tratta più di semplice immigrazione, però rimane un tema ancora di attualità. D’altronde esiste come in tutta Europa (la Francia è il terzo paese che accoglie più immigrati dopo Inghilterra e Spagna) e si è accentuata moltissimo con i disordini della Primavera araba. L’immigrazione è un argomento molto considerevole e  fa molto comodo in campagne elettorali. Ma l’immigrazione porta con sé altre tematiche sociali, integrazione, assimilazione, convivenza, xenophobia etc etc… razzismo?

La Francia è un paese che ha una popolazione dove su 10 persone 7 hanno almeno una origine straniera. Tanto inchiostro è stato buttato sull’immigrazione, sui maghrebini, sull’integrazione, la laicità e l’accoglienza del popolo francese verso gli stranieri. Ma lo choc del giorno dopo le elezioni rimane. Lo stesso choc delle presidenziali del 2002. Come lo choc delle rivolte nelle banlieu del 2005. Le rivolte nelle banlieu ci sono sempre state ad intervalli irregolari ma forti, da almeno il 1983. Eppure dopo 40 anni un arab rimane un arab, l’immigrazione è pericolosa e toglie il lavoro ai francesi. La Francia deve restare ai francesi e dobbiamo dire no a quell’europa che permette a tutti di mouversi liberamente.

La Francia sembra un malato in stato vegetativo e i francesi sono dei sedati, che qualche volta si svegliano grazie a degli choc, per poi riaddormentarsi tenendo un mezzo occhio aperto per quelle medicine utili per respirare nell’agonia: le 35 ore lavorative, il salario minimo, champagne/ fois gras, la baguette a 90 centesimi e i sussidi di disoccupazione subito dopo i sei mesi di attività . Per tutto il resto, tendono ad utilizzare con una elegante ed ostentata indifferenza il moto “on s’en fout”, almeno fino al prossimo choc.

 

 

 

Senza conoscere i risultati finali, noi sappiamo che il PPE è in vantaggio ed io ho il diritto legittimo di diventare il prossimo presidente della commissione europea”- dichiarava qualche minuto dopo il candidato della PPE Jean Claude Junker con quella arroganza tipica di Bruxelles che ha contribuito alla nascita dei populismi in tutta Europa e che ha cresciuto il sentimento antieuropeo dei popoli del vecchio continente in quest’ultimo ventennio e che continua ancora a crescere in questo momento.

Com’è facile bruciare una terra già bruciata.

Non avranno la stessa attesa dell’inizio dei mondiali di calcio in Brasile, però quest’anno le elezioni europee sembrano diverse. Almeno la campagna che le precede, è piuttosto euforica; piena di suspense ed molto pubblicizzata, tanto che qualche giorno fa mentre si guardava un video su youtube che aveva poco a che fare con l’Europa, ci siamo imbattuti su un sorridente Martin Schultz .

La novite di questa nuovo tornante elettorale sono principalmente due e hanno solo un carattere quantitativo. Adesso gli stati dell’unione  sono 28 e c’è anche un abbassamento del numero dei deputati da 785 a 750 più un presidente. Lo scrutinio rimane proporzionale plurinominale ( ma ogni stato è libero di scegliere le modalità cioè liste e sbarramenti). Un’altra novità riguarda anche la candidatura per il posto di presidente della commissione. Quindi scegliendo per una lista si dovrebbe scegliere direttamente anche il presidente della commissione. Si usa il condizionale poiché pur essendo scritto sul nuovo trattato europeo ( Lisbonna 2007) ultimamente si preannuncia un compromesso tra i capi dell’unione nel caso in cui i risultati delle elezioni fossero “poco limpidi”. Cinque sono i candidati officiali; Martin Schulz (PSE), Jean-Claude Juncker (PPE), Guy Verhofstadt (liberali), Alexis Tsipras (sinistra europea ), Ska Keller (verdi europei).

Spesso le elezioni europee sono state solo un test politico di metà mandato per molti governi europei e l’astensione è stato il filo conduttore di queste elezioni che chiamano comunque ale urne più di  500 milioni potenziali elettori .

La crisi europea di questo ultimo decennio è la situazione dramatica nel sud Europa, pare abbia aumentato l’interesse della politica e delle persone, ma in senso negativo. Per una buona parte della classe politica europea, l’Europa è diventato un fardello da sopportare, un apparato burocratico che aggrava la situazione economica interna. E’ lontana e si occupa di temi lontani dalla quotidianità ( immigrazione, schengen etc etc). Si tratta quindi di una visione critica degli esponenti europei ( critica ma…costruttiva!..siamo sempre in campagna elettorale). Se questo è il pensiero di destra e sinistra italiana e francese, ovviamente con qualche sfumatura, tutt’altro è il pensiero di quelli che hanno una visione, non critica ma negativa dell’Europa.

I populisti e gli anti europei hanno forse l’occasione giusta per raggiungere il loro scopo. Bruciare l’Europa.

A parte la lista guidata dall’esponente della sinistra greca Alexis Tripras, che vuole riunire i nostalgici di una sinistra socialista che a livello europeo non ha mai avuto il discreto successo che potrebbe aver avuto in certi paesi europei dopo la caduta del muro – vedi Rifondazione comunista, die Linke etc.., le altre liste propongono la fine dell’Unione Europea con diverse forme; la più classica l’uscita dall’unione monetaria.

Dopo il discreto successo delle elezioni, il Fronte Nazionale potrebbe bissare nelle europee, questa volta avvantaggiato anche dal sistema elettorale. Niente doppio turno, niente fronte repubblicano, niente sbarramento al primo turno e poco importa se Jean Marie Le Pen augura un’epidemia mondiale per fermare l’immigrazione. Importa talmente poco che la notizia di 24 ore fà è stata presto dimenticata dall’opinione pubblica francese.

Diverso è il caso di Beppe Grillo in Italia, uno che sembra una mina vagante; un giorno fà comizi violenti ed applaude coloro che fischiano l’inno italiano e l’altro giorno va a porta a porta facendo il politico. Abbiamo imparato a conoscere Grillo non solo in Italia ma non sappiamo il suo effetto in Europa, di sicuro se il suo score sarà rilevante, l’impatto sarebbe forte ma anche interessante. E molti ne hanno paura.

europaCome ad ogni elezione europea, sia in Francia che In Italia, si coglie l’occasione per mescolare i temi europei con i temi nazionali ma anche per un tentare un ultimo colpo di reni come il caso Silvio Berlusconi, condannato ma pur sempre libero di fare campagna elettorale e criticare l’Unione Europea. In Francia c’è l’ennesima dichiarazione avanti l’ennesima pre – elezione di Sarkozy che oramai prepara la sua rientrata in scena. Per quanta riguarda la sinistra, questa sembra attendista non avendo ancora recuperato e soprattutto non avendo ancora capito perché ha perso le elezioni locali. Diverso è lo stato della sinistra in Italia, stimolata ancora da quel poco entusiasmo disperato che è rimasto a Matteo Renzi.

Avrete notato che abbiamo parlato di Europa, elezioni europee ma non di parlamento europeo. Si vota per scegliere il parlamento europeo ma vista la campagna elettorale e l’atteggiamento degli stessi protagonisti politici nazionali ed europei. Il parlamento europeo  è considerato dagli stessi attori come lo definisce il politologo Silvain Kahn ovvero un ODNI ( objet democratique non identifié- oggetto democratico non identificato), quindi meglio non parlarne più di tanto.