Liberté, egalité ma tienilité

Quello che sta succedendo in questi giorni a Ventimiglia, al confine tra Francia e Italia, non è in sé qualcosa di straordinario. I fatti di cronaca è vero sono agghiaccanti, e gli sgomberi dei rifugiati hanno valenza disumana ma resta pura cronaca, inoltre non è novità per questo territorio. Ricordiamo la crisi libica del 2011 quando la Francia chiuse la frontiera per i rifugiati libici provenienti dall’Italia e che cercavano asilo in Francia.

In Italia questa cronaca è stata gonfiata con tanti elementi di propaganda politica che spazia da quella locale a quella europea. Per contro, in Francia è stata descritta come un caso di chiusura per un motivo eccezionale dello spazio Schengen e solo per poche ore. Infatti nella attualità francese la chiusura del confine a Mentone non ha avuto lo stesso peso che sta vendo in Italia.

I francesi hanno spiegato la chiusura delle frontiere, con una giustificazione giuridica.

La legge, e la legge non deve per essere per forza giusta, parla chiaro. La Francia non ha l’obbligo di tenere o far entrare i migranti extraeuropei che prima hanno sostato in un altro paese europeo. Tocca all’Italia occuparsene. I cittadini europei e coloro che hanno un passaporto di uno stato conosciuto dal trattato Schengen possono passare il confine, tutti gli altri no.

Certo che la durezza giuridica dei francesi e anche il loro freddo menefreghismo colpisce ma nei fatti di cronaca colpisce anche il metodo in cui vengono trattati questi esseri umani dagli italiani e dai francesi. Per carità ci sono dei volontari e delle persone che provano ad aiutare i migranti africani con quello che possono, dandoli un bottiglia d’acqua o un pacchetto di sigarette.

Invece il potere pubblico si fà vedere solo quando deve sgomberare con violenza o quando deve attaccare la Francia. Mentre il ministro degli interni italiano girovaga in Europa per chiedere aiuti? chiarimenti? colpevoli? alla comunità europea, Ventimiglia è diventato un campo di rifugiati.

Ora i chiarimenti ed i colpevoli si trovano e ci sono già, dipende dai punti di vista.

Schengen da riformare, integrazione dell’ Unione Europea al minimo storico, ruolo debole dell’Italia in Europa, ce n’è di tutto e per tutti.

migranti mentone

Ma l’Italia deve capire che prima di tutto deve guardare in casa propria, lavarsi i panni sporchi in casa propria e uscire con la testa alta da questo scandalo europeo. Perché dare la colpa agli altri è sempre stato facile.

Quanto materiale per Charlie Hebdo!

« I primi giorni del gennaio 2015 sconvolsero la Francia furono il causus belli di una nuova guerra mondiale. Una guerra diversa dalle altre, senza scontri tra eserciti. Una guerra mondiale basata sul terrore, sullo scontro tra civiltà e sullo scontro tra religioni, dove quella islamica è allo stesso tempo vittima ed aggressore. »-I libri di storia di un futuro prossimo potrebbero cominciare così la descrizione del momento in cui stiamo vivendo. D’altronde qualcuno lo pensa e lo dichiara senza grandi indugi. Ma se gli storici del futuro giudicheranno positivamente la storicità delle parole di Alain Finkielkraut o di un Giuliano Ferrara, forse questi giorni saranno raccontatati in modo alterato.

Ma torniamo alla realtà.

charlies balles tragiques

I fatti che si sono susseguiti negli ultimi giorni a Parigi nella sede del settimanale Charlie Hebdo e nella sua periferia hanno dimostrato tante cose:

  •  l’uomo è l’essere più debole, il più forte, il più malleabile, il più malvagio in Natura.
  •  l’uomo può provare dolore e compassione quando viene attaccata la sua alterazione preferita ( l’umorismo e tutte le sue declinazioni).
  • La solidarietà spontanea formata subito dopo l’attentato al settimanale è stata metà vera  e metà falsa. Da applaudire quelli che sinceramente credono che l’assalto a Charlie Hebdo sia stato un attacco alla libertà d’espressione- concetto vitale per un mondo sporco come il nostro. Sono pochi ma buoni. Sdegno per quelli che Giorgio Gaber definisce delle caramelle di merda ricoperte di cioccolato. Questi invece sono tanti e poco definibili.

La presa degli ostaggi al negozio Kosher da parte di Amedy Coulibaly e l’assalto a Dammartin –en-Goele dei fratelli Kouachy, dopo aver ucciso la redazione del settimanale sattirico, hanno dimostrato il fallimento totale dei servizi segreti francesi. L’intelligence francese, seconda sola a quella americana è la prima indagata di questo affare. Tutto ciò si poteva evitare, si doveva evitare. Come si potevano evitare le tesi complottiste di Beppe Grillo, le quali però hanno la giusta linfa per intrecciarsi e tessere scenari intriganti. D’altronde tutti si sono posti la questione. Come si fa a non arrestare oppure trovare 4 persone, dopo aver mobilizzato polizia, gendarmeria, esercito, intelligence?

L’operato inefficiente dei servizi segreti francesi è un altro dettaglio che dimostra come la questione della comunità musulmana in Francia deve essere trattata in maniera trasparente e totalmente diverso dal modo in cui è stata trattata da quando essa è nata, cioè dal secolo scorso. Questa comunità ha reso la Francia per tanto tempo un paese forte in molti aspetti; in termini economici (materie prime dalle ex colonie a buon prezzo, forza lavoro, tasso di natalità, etc), in termini sociali ( laicità, tolleranza, multiculturalismo etc). Nello stesso tempo, come ogni comunità, anche quella musulmana comporta delle problematiche (e la letteratura e i fatti non mancano per conoscerle) ma che sono spesso trattate in modo superficiale o peggio nascoste non solo fisicamente nelle banlieues, nei rapporti, nelle statistiche, nelle leggi della repubblica Francese.

Nell’ultimo libro di Stephan Houllebecq, popolarissimo anche grazie a Charlie Hebdo, si immagina un ballottaggio tra un partito musulmano e il fronte nazionale. Il partito musulmano lo vince e instaura un regime islamico nella Francia del 2022.

Speriamo che il libro non sia tragicamente profetico come l’ultima vignetta di Stephane Charbonnier, ma soprattutto speriamo che l’esito contrario del ballottaggio non si verifichi mai.

SARKOZY E’ GIA PRESIDENTE!

Le speranze di Nicolas Sarkozy per candidarsi alle elezioni presidenziali del 2017, verranno messe di fronte ad un test importante questo sabato, quando gli aderenti del partito UMP voteranno il loro nuovo leader. Sarkozy, candidato favorito, aspetta con impazienza questo ritorno in politica, dalla quale è rimasto (solo fisicamente) fuori dopo la sconfitta del 2012.

Di fronte a due outsider come Bruno LeMaire e Hervé Mariton, l’ex presidente della Repubblica non dovrebbe avere difficoltà apparenti a vincere le primarie chiuse dell’UMP ( solo gli aderenti al partito votano). L’obiettivo è piuttosto vincere con una grande maggioranza tale da garantire a Sarkozy un ritorno indiscusso e soprattutto placare le divisioni interne, dopo l’uscita di quest’ultimo. Ricordiamo lo scontro Fillon – Copé e gli scandali finanziari. Ci sarebbe poi da riguadagnare quella parte dell’elettorato che è andato al Fronte Nazionale.

Sarkozy con la sua piattaforma elettorale punta non solo a riacquistare quelle persone sedotte da Marine Le Pen ma anche ad assicurarsi quella parte di elettorato conservatore, preoccupata dal viso sempre più multicolore della Francia odierna, che rimane il paese con il maggior numero di persone di fede musulmana in Europa.

“Essere cittadino francese, significa adeguarsi al modo di vita francese, ad accettare le regole della Repubblica Francese ed abbracciare la sua lingua e la sua cultura” – dichiara disinvolto Sarkozy di fronte al suo feudo di Boulogne – Billancourt.-

Con la stessa scioltezza risponde ad un militante che aveva un senso nominare Rachida Dati come ministro degli interni: “Chi meglio di lei, di padre marocchino e madre algerina può occuparsi di politiche penali”. Un’affermazione che ha un fondo di razzismo secondo l’associazione SOS Racisme.

In questi giorni impazza l’hashtag sarkonnerie, un neologismo che fonde le parole Sarkozy e conneries ( cavolate)

Sarkozy, confondendo la presidenza del partito con quella del paese, annuncia già come far uscire la Francia dalla crisi economica; abbassando le spese pubbliche in modo drastico e riformare le leggi sul lavoro.. La battaglia mai vinta sulle 35 ore settimanali.

Sulla falsariga della retorica euroscettica britannica, il Sarkò incita l’Unione Europea a dare pià poteri ai paesi membri ed a riconsiderare il trattato Schengen. Infine, non può mancare la promessa di abolire la legge del 2013 sul matrimonio per tutti i sessi.

 

Nicolas Sarkozy, vinse nel 2007 perché rappresentava la novità e novità fu per un paese lento a cambiare come la Francia. Ora a 59 anni, Sarkozy sembra già vecchio e per di più è annebbiato dalla vendetta contro tutto e tutti.

Forte del carisma, che pochi hanno in Francia, e di un elettorato sempre fedele, prepara la sue rientrata in politica ma va veloce, troppo veloce, dimenticando che le elezioni presidenziali sono tra due anni e di fronte non avrà qualche outsider del suo partito ma ben altre figure. Una su tutte, Alain Juppé.

LA FRANCIA CAMBIA ! – finalmente

Il Bing bang territoriale, annunciato da Francois Hollande dopo la disfatta alle elezioni europee, è iniziato questa settimana con l’approvazione del progetto di legge che prevede la riduzione delle regioni francesi.

La legge prevede la fusione di alcune regioni perciò nel 2016 la Francia non conterà più 24 bensì 13 regioni. Sono poche le regioni che rimangono invariate come la Provenza Alpi Costa Azzurra, la Corsica e la regione di Parigi ( l’Île-de-France). Nel sud ovest ci sara una grande regione nata dalla fusione dei Midi-Pirenei e Linguadoca-Rossiglione, cosi come nel nord dove prevarrà una grande regione della Piccardia. Nel nord est ci sarà la fusione delle tre regioni attuali (Lorena, Chamapagne Ardenne e Alsazia).

Le regioni francesi nel 2014

Le regioni francesi nel 2014

Anche se in un primo aspetto questa riforma sembra il solito colpo di reni di Francois Hollande per rimediare all’ennesimo fiasco elettorale e all’ennesimo crollo nei sondaggi, la questione territoriale in Francia è un argomento spinoso e pocchi sono riusciti ad imporre una propria volontà nel trattarla.

 

le nuove regioni francesi nel 2016

le nuove regioni francesi nel 2016

 

 

Stato centralizzato per eccellenza, la Francia è stato uno degli ultimi paesi europei a decentralizzarsi ed a promuovere la regione come ente territoriale. Le regioni nascono nel periodo della volontà riformatrice sotto il primo Mitterrand, spinto anche da qualche eletto locale di grande potere come il sindaco di Marsiglia e ministro degli interni Gaston Defferre. Pur nascendo nel 1982 la regione ha validità giuridica solo a partire dal 1986 diventando subito il primo livello di divisione amministrativa dello Stato. Quello che è che conosciuto in Francia come il primo atto della decentralizzazione  nasce in un momento storico particolare caratterizzato dalla nascita del fondo europeo per lo sviluppo delle regioni (FESR). La nascita delle regioni diventa quindi un obbligo intrascendibile.

Tuttavia la regione, fin dalla nascita si trova in lotta constante con l’ente storico del dipartimento, soprattutto per quel che concerne le competenze riservate e quelle in comune. Si partiva col principio che le competenze della regione erano di carattere generale come lo sviluppo economico, la sanità, le grandi infrastrutture, nonché lo sviluppo dell’integrazione territoriale nell’ambito della comunità europea (le euroregioni). Spesso queste competenze vengono appropriate dai dipartimenti oppure dalle inter-communalità (le città metropolitane). Per dare un’idea della confusione che regna sulle competenze dei enti territoriali in Francia, ricordiamo che le regioni finanziano le scuole medie e superiori, i dipartimenti, l’università invece i communi le scuole elementari e gli asili.

La confusione creata dal primo atto di decentralizzazione è stato subito notato dal potere centrale francese non solo per la paradossalità ma soprattutto per i costi elevati e per il potere che gli eletti amministrativi guadagnavano nel tempo. La prassi vuole che in Francia, un deputato sia anche un sindaco o presidente di un dipartimento/regione.nel 2008 ci provò Sarkozy proponendo di sopprimere i dipartimenti ma non ci riusci, le lobby locali s’impossero.

La fusione delle regioni, pur non piacendo ai notabili locali di destra e di sinistra, è un modo secondo Hollande di limitare gli sprechi enormi della decentralizzazione ma anche il potere nobiliare di molti esponenti politici. Certe personalità come Martine Aubry ( PS Deputato, sindaco di Lilla) oppure Alain Juppé ( UMP, deputato e sindaco di Bordeaux) sonno sempre dei potenziali antagonisti del presidente, il secondo si profila come un diretto avversario alle prossime presidenziali.

La Francia pur cambiando la sua struttura amministrativa locale resta comunque, uno stato giacobino, il presidente ovvero il potere centrale decide, comanda ed eseguisce.

 

 

L’ASSOLUTISMO FRANCESE NEL XXI SECOLO.

La rentré ( in francia è il periodo subito dopo agosto quando le vancanze finiscono e con l’inizio delle scuole riprende anche la vita quotidiana) è stata caratterizzata da sconvolgimenti politici. La prima settimana di settembre è nato il secondo governo Valls, il terzo durante il quinquennio della presidenza di Francois Hollande, cominciato solo nella primavera del 2012.
Dopo il primo scioglimento del governo Ayreault, dovuto alla sconfitta alle europee del 2014, il governo Valls 2 è scoppiato per motivi interni.
Il 25 agosto Manuel Valls presenta le dimissioni al Presidente e il giorno dopo lo stesso Hollande incarica lo stesso ex ministro dell’interno di formare un nuovo gabinetto, questa volta senza gli “attaccabrighe”, guidati dal ministro dell’industria e dell’economia Arnaud Montebourg.
Arnaud Montebourg insieme al ministro dell’Istruzione Benoit Hamoun aveva attacato in modo non proprio indiretto la politica estera (il rigore dell’eurozona) di Hollande che comprometteva ,secondo lui la situazione socio economica all’interno della Francia. In poche parole, durante un comizio in una festa dell’unità alla francese Montebourg aveva espresso il suo dissenso nella politica rigorista della Germania che impediva uno slancio della Francia e dell’unione europea.

Ora che la pulizia è fatta, Hollande sembra avere ancora dei colpi di reni da utilizzare per imporre il suo potere, ovviamente tutto garantito dalla Costituzione. Qualche analista pensa ad un cambiamento della sua politica.
Si andrebbe verso un socialismo più liberale ( una volta si diceva riformista) allentando quel socialismo (di sinistra) francese che lo ha fatto crescere ed arrivare fino a dove si trova e stendendo la mano ai verdi. presto il governo Valls 3 avrà bisogno della fiducia parlamentare ed non è scontata.
Resta però un Presidente che non ha mai avuto il consenso dei suoi elettori. Pure Manuel Valls, che era il membro del governo più apprezzato ha perso molto consenso grazie all’operato inefficace di Hollande.

hollande incazzato

L’impasto di governo, arrivato da alto, non è una novità nella quinta repubblica francese, dove il presidente può diventare un sultano nominando e scomunicando i vizir della sua corte. E’ successo parecchie volte nel passato, ogniqualvolta bisognasse dare una scossa all’azione del governo in un momento di crisi politica. Una volta aver raggiunto la metà più uno dei consensi Il presidente è onnipotente, un sultano, un re assoluto e nessun può fermare o criticare il suo operato senza conseguenze. La quinta repubblica francese è anche questo.

Così è ( se vi pare)

Il venerdì 21 marzo 2014 sarà ricordato come una delle date più importanti della politica francese degli ultimi tempi. Dopo quasi due anni di silenzio assordante, l’ex presidente Nicolas Sarkozy irrompe direttamente sulla scena politica. Dalle pagine del quotidiano “Le Figaro” (sempre schierato da quella destra moderata, non sempre favorevole Sarkozy, specialmente nelle ultime elezioni) l’ex presidente lancia un’invettiva brutale nei confronti della magistratura francese e delle istituzioni della repubblica Francese.  “Quello che voglio dire ai francesi” è il nome del discorso pubblicato sulle pagine de Le Figaro e si può anche leggere integralmente sulla pagina facebook di Sarkozy.

Dopo aver fatto una disamina veloce del periodo attuale, Sarkozy sferra un attacco frontale alla magistratura e a certi media, senza tanti giri di parole. “Anche oggi, tutti quelli che mi vogliono chiamare al telefono devono sapere che saranno ascoltati. Avete capito bene. Non si tratta di un estratto del bellissimo film “la vita degli altri” sulla germania dell’est et le attività della stasi. Non si tratta di qualche manovra di qualche dittatore nel mondo contro i suoi oppositori. Si tratta della Francia.”

Da quando ha perso le elezioni presidenziali del Maggio 2012, Nicolas Sarkozy era sparito fisicamente dalla scena politica reale. Non era mai apparso in televisione e no ha mai rilasciato delle dichiarazioni o commenti su tutto quello che è successo dal fatidico 6 maggio di due anni fà. Eppure ci sarebbero tanti fatti da discutere sulla Francia su altri argomenti (a cominciare dall’austerity europea iniziata con l’avvallo del binomio Merkel – Sarkozy). Ci sarebbe anche il partito UMP, fondato dallo stesso Sarkozy, che si trova in una crisi di rappresentazione dovuta fondamentalmente alla faida interna Fillon – Copé.

Sarkozy è stato l’uomo della rottura. Quello che rompeva con i cannoni classici e conservativi della politica francese, l’uomo nuovo, della nuova comunicazione politica, l’uomo del marketing politico (tutti termini sconosciuti o ripudiati in Francia prima del 2006). Anche se l’esposizione mediatica è svanita, nell’opinione pubblica francese la figura di Sarkozy  è mitizzata, tant’è che vedere Sarkozy nel concerto di sua moglie diventa una apparizione ufficiale e un passo verso il rientro in politica. E’ vero che le “apparizioni di Sarkozy” nei concerti di Carla Bruni sono diventate sempre più numerosi così come gli off [1], però questa volta si tratta di un vero ritorno. Ma perché questo nascondersi?

 I dolori del giovane Sarkò.

       Dopo la disfatta del 6 Maggio, Sarkozy dichiarò di ritirarsi dall’attività politica dedicandosi al suo vecchio mestiere di avvocato nel suo feudo Neuilly sur Seine. E’ prassi che un presidente della Quinta Repubblica si ritiri dalla vita politica dopo una disfatta alle presidenziali. E’ successo con tutti i presidenti che erano in carica prima di ogni elezioni di ritirarsi dopo la sconfitta. L’unico obbligo per un presidente uscente è di far parte del consiglio costituzionale.

Tuttavia, la sparizione immediata dalle scene di una giovane figura carismatica, come quella di Sarkozy, ha lasciato delle perplessità nell’opinione pubblica. Neanche il tempo di concedersi una vacanza, l’ex presidente si trova indagato in una vicenda che tratta in ballo addirittura il colonello Gheddafi. Sarkozy è accusato di aver ricevuto verso la fine del suo mandato di ministro degli interni dei versamenti occulti dalla Libia di Gheddafi per finanziare la sua campagna elettorale del 2007. I finanziamenti arrivavano a Sarkozy mediante l’aiuto di un uomo d’affari franco-libanese Ziad Takkiedine e di un collaboratore e futuro ministro degli interni durante il quinquennio di Sarkozy, Claude Guéant. Un altro affaire molto sentito che coinvolge direttamente Sarkozy è la vicenda Bettancourt. Nicolas Sarkozy e altri esponenti dell’UMP, secondo l’accusa, avrebbero convinto Liliane Bettancourt, l’ereditiera della l’Oreal, a versare delle somme ingenti di denaro per finanziare la campagna elettorale del 2007. L’inchiesta è stata aperta nel 2010 ma fu archiviata per essere riaperta nel 2012 dal tribunale di Bordeaux. Ci sono altre inchieste aperte contro Sarkozy, come quella di aver fatto pressione sul suo ministro del tesoro Christine Lagarde in una procedura di arbitrato andata poi a favore dell’uomo d’affari francese Bernard Tapie, vicino a Sarkozy.

Il marsigliese Bernard Tapie è stato a cavallo degli anni ’80 e ’90 un personaggio molto picaresco del mondo politico francese. Nasce come grande imprenditore e cerca in ogni modo  di sfondare anche in politica, prima a sinistra poi a destra. Acquista anche l’Olympique Marsiglia e lo fa diventare 4 volte campione della Francia rivaleggiando a l’epoca contro l’invincibile Milan di Cappello ( battuto in finale della coppa campioni nel ‘93) del cavaliere Silvio Berlusconi. Un po’ per la sua sfacciatezza, irruenza, ricchezza e problemi giudiziari Bernard Tapie è spesso paragonato a Berlusconi nel paese d’oltralpe. Però un nuovo Berlusconi pare stia per nascere in Francia. Non è più Bernard Tapie ma il suo amico Nicolas Sarkozy.

 Il sarkoscunismo e l’antisarkoscunismo.

La lettera di Sarkozy pubblicata sul Figaro ha creato subito delle reazioni forti sia a destra sia a sinistra dello schacchiere politico francese. Molti esponenti della sinistra hanno bollato come vittimista ingiustificato l’atteggiamento di Sarkozy. Il ministro del lavoro, Michel Sapin, intervenendo sulla questione ha dichiarato di vedere nell’atteggiamento di Sarkozy un ” un colpo di stato verbale contro le istituzioni alla Berlusconi”.

Ora, un po’ per la grandeur dei francesi nei confronti di tutto ciò che è esterno ai confini dell’esagono, (usiamo un francesismo per non usare un stereotipo contro gli transalpini)  un po’ per la fama all’estero che ha l’ex primo ministro italiano, dare del Berlusconi in Francia ad un politico è forse la più grande offesa che si possa usare. Buona parte dell“opinione pubblica” francese ha già cominciato a fare una comparazione frettolosa tra Sarkozy e Berlusconi, vedendo nell’ex presidente della repubblica un Berlusconi francese. sarko berlusca

Una fitta schiera di sarkozisti di vecchia data si sono riuniti al grido disperato del loro vecchio capo (Henri Guaino).

Giornalisti di sinistra cominciano ad indicare una vicinanza tra Berlusconi e Sarkozy da molto tempo. In verità i due non si sono mai amati. Sappiamo che Sarkozy è stato uno degli avvocati di Berlusconi ai tempi della Tele 5 (l’unica scommessa sulla televisione persa da Berlusconi) e che l’ha trascurato definitivamente per cercare di stabilire un legame più forte con la Germania all’inizio della crisi della zona euro.  Opinionisti di destra che paragonano gli ultimi anni della politica francese con l’Italia del dopo ’92. Infatti per il politologo Thomas Guénolé, Hollande è una specie di Romano Prodi perché ha vinto le prime primarie pubbliche, il Fronte Nazionale all’AN per la sua capacità di cambiare target elettorale e gli scandali politici-giudiziarie all’inchiesta “mani pulite”.

E’ vero ci sono delle analogie ma si tratta di analogie esteriori, di superficie. Senza criticare il pensiero di Guénolé possiamo solo dire che Sarkozy non è mai stato condannato in nessun grado. Al momento è stato assolto dalla corte d’appello di Bordeaux per quanto riguarda la vicenda Bettancourt. Certamente, Nicolas Sarkozy con il suo intervento, ha avuto senza dubbio un atteggiamento simile al Berlusconi degli ultimi anni ma non ha mai usato tutto l’apparato mediatico che un Berlusconi può utilizzare. Non ha mai rifiutato le decisioni di un giudice, non essendo mai stato giudicato. Denuncia un’aggressività della magistratura nei confronti della sua figura ma non la mette in discussione. Non ha mai parlato di persecuzione nei suoi confronti e se lo ha fatto è stato in modo indiretto e molto più « elegante » di un video girato nel suo ufficio e distribuito in tutte le tv.

Il Berlusconismo è stato e lo è un movimento che per molti motivi, che sarebbero interessanti  da sviluppare, ha luogo solo in Italia.  Nicolas Sarkozy, per il solo modo d’imporsi nell’opinione pubblica francese (essenzialmente presenza constante nei mass media) è diventato una novità assoluta nella vecchia repubblica francese, la quale si era abituata benissimo ai modi di Mitterrand di concepire la politica. Non vi è mai stato in Francia un imprenditore capace di vincere le elezioni con i mezzi della comunicazione e i mezzi finanziari di Berlusconi. La Francia conservatrice ha accettato Sarkozy ma lo ha liquidato molto velocemente. In Italia Berlusconi fa il buono e il cattivo tempo da 20 anni. Fare del sarkozismo un berlusconismo è semplicemente comodo per quelli che producono opinione pubblica. Quelli che la costruiscono tramite sondaggi (chi è quel sondaggista che non poserà ai francesi la questione se gradiscono il ritorno di Sarkò in politica?), ci sono anche quelli che la dividono come succede in questo caso.

A 48 ore dalle elezioni amministrative in Francia (domenica si vota in quasi tutta la Francia per scegliere i nuovi sindaci), l’intervento di Sarkozy è facile da interpretare. Inoltre è un passo decisivo verso un suo rientro in politica per candidarsi alle presidenziali dell 2018. Al momento non si sa come, ma scommettere adesso sulla sua candidatura non corrisponde necessariamente ad una grande vincita.

  


[1] Off in francese è un termine che nel linguaggio giornalistico significa una confessione di qualcuno d’importante (soprattutto un politico) ad un giornalista, una soffiata.

LE PRESIDENZIALI DELLA PRIMAVERA 2012

Le elezioni per scegliere il presidente della quinta repubblica si svolgono il 22 Aprile e il 6 Maggio 2012. Come tradizione, i potenziali candidati sono  tanti e tanti rinunciarono; un po’ perché incapaci di raccogliere le 500 firme degli eletti locali, è’ il caso dell’ex primo ministro Dominique de Villepin, oppure per rinuncia per favorire  un altro candidato (Alain Juppé per Nicolas Sarkozy). Tuttavia il consiglio costituzionale ne sceglierà dieci candidati. Il primo grande candidato è François Hollande, forte della vittoria delle primarie del partito socialista di fine 2011 e capace di ignorare la popolarità, nel bene e nel male, di Domenique Strauss Kahn. Bisogna aspettare un po’ di tempo per sapere l’annuncio della candidatura del presidente uscente Nicolas Sarkozy.

Il duo Le Pen, Mélenchon

Benché la sfida si concentri su queste due personalità dello scacchiere politico francese non bisogna negligere altri due candidati che rappresentano, in un certo modo l’estremismo politico in Francia. Si tratta di Marine Le Pen e Jean Luc Mélenchon. La prima è la figlia di Jean Marie Le Pen, leader assoluto e ideatore del Fronte Nazionale (FN), il partito d’estrema destra francese che fin dalla sua creazione si è sempre  presentato alle elezioni presidenziali e riuscendo ad avere nel tempo dei discreti risultati. Emblematico è l’exploit, sconvolgendo la scena politica francese, delle presidenziali 2002 dove Jean Marie Le Pen riesce addirittura ad arrivare al ballottaggio al secondo turno. Però, sua figlia Marine in questa campagna cerca di evolvere l’estrema destra, ma senza dimenticare certi “valori” ereditati da suo padre come la xenophobia e l’antieuropeismo. Dall’altra parte troviamo Jean Luc Mélenchon, vecchio deputato con Mitterrand e da sempre rappresentante dell’ala estrema del partito. Questa volta Melenchon e a capo di una coalizione che raggruppa i comunisti francesi e altre piccole formazioni di estrema sinistra. Il fronte della sinistra (front de gauche) riesce ad imporsi durante la campagna elettorale come la vera sorpresa, grazie soprattutto al carisma di Mélenchon i sondaggi lo danno addirittura al 17%.

Jean Luc Mélenchon e Marine Le Pen durante uno dei tanti dibattiti televisivi.

Jean Luc Mélenchon e Marine Le Pen durante uno dei tanti dibattiti televisivi.

Per  tutta la campagna elettorale ci sarà una campagna dentro la campagna, svolta da queste due personalità di estremi completamente opposti, la quale continuerà anche durante le legislative con attacchi reciproci.

Il trionfo di François Hollande.

Tuttavia tutto gira intorno ai due candidati principali, Nicolas Sarkozy e Francois Hollande. La dialettica tra di loro sarà molto forte e le critiche assai aspre. In particolare l’entourage di Sarkozy dichiara che c’è una forte disparità della stampa nei confronti dei candidati, accusando un appoggio troppo favorevole al candidato del PS. Tutto ciò avviene in un periodo di profonda crisi economica. Infatti,  i temi elettorali saranno il lavoro, l’economia e la politica estera (dove Sarkozy sembra più avvantaggiato, dischiarandosi il primo partner della Germania nel combattere la crisi del debito sovrano). Rispettando quasi tutti i sondaggi il primo turno è François Hollande a vincerlo con il 28,6% dei voti, tamponato da Sarkozy con il 27, 19%. In terza posizione troviamo Marine Le Pen con 17,90% poi Mélenchon 11,10 e Francois Bayrou con il 9%. Quest’ultimo, terzo arrivato alle presidenziali precedenti, non arriva a giocare il ruolo della bilancia come fece nel 2007 appoggiando Sarkozy.

Da quanto esiste l’elezione a suffragio universale a doppio turno per il presidente della repubblica, il primo turno resta un indicatore principale, poiché  fino ad ora, colui che arriva primo vince anche il secondo turno. Infatti, con l’appoggio di Mélenchon e Bayrou, e dopo un dibattito televisivo trionfale, François Hollande prevale anche al secondo con il 51,64% dei voti diventando così il settimo presidente della quinta repubblica francese.

La vittoria della sinistra sarà doppia poiché un mese dopo vince anche le legislative, impedendo così una possibile coabitazione con la destra.

LE ELEZIONI PRIMARIE IN FRANCIA

Storicamente i partiti in Francia sono dei partiti sezione, secondo il modello ideato da Maurice Duverger, cioè ben organizzati e i leader non permettono una grande democrazia interna. Il partito socialista francese è un partito di notabili, cioè personalità spesso venute dal territorio e che grazie alla popolarità sul territorio riescono ad avere la stessa fama nell’intera Francia, rimanendo dunque nella scena politica per parecchio tempo. Ad esempio, Pierre Mauroy  (sindaco storico di Lilla e poi primo ministro) oppure più recentemente lo stesso Hollande, senza dimenticare Jacques Chirac, prima sindaco di Parigi poi capo del RPR e infine presidente. Quindi vi è poco spazio per la democrazia all’interno dei partiti in Francia.  Le prime elezioni per scegliere un candidato presidente risalgono nel lontano 1995 quando l’ultimo settennato di Mitterrand giunge al termine. Gli aderenti del PS allora sono invitati a scegliere tra Lionel Jospin e Henri Emmanuelli, quest’ultimo perde le elezioni e il candidato e l’ex ministro Jospin, il quale però perderà le presidenziali contro Chirac nello stesso anno.

Nel 2006 si presentano più candidati ma come nel ‘95 le elezioni sono aperte solo ai simpatizzanti di sinistra. Questa volta i due candidati principali sono Segolene Royale e Dominique Straus Kahn, tamponati dal rampollo di Mitterrand, Laurent Fabius. Sarà Ségoléne Royale la vincitrice, appoggiato da una grande parte del partito e dal suo ex marito, segretario del partito dell’epoca Francois Hollande.

Tuttavia bisogna attendere la fine del 2011 per avere delle primarie aperte all’intera popolazione. Come per l’Italia, bisogna che l’elettore contribuisca con una cifra simbolo di 1 euro e dichiari di votare la sinistra durante le elezioni presidenziali. Di conseguenza, questa volta troviamo un numero maggiore di candidati.

– Jean Michel Bellet, segretario del partito radicale di sinistra.

– Arnaud Montebourg, segretario del partito e organizzatore delle primarie.

– Martine Aubry, sindaco di Lille e discepola di Pierre Mauroy

– Francois Hollande, ex segretario  storico del PS

– Segolène Royale, uscita sconfitta dalla sfida con Sarkozy nel 2007

– Manuel Walls deputato e sindaco, una figura nuova al seno del PS, bollato dai suoi detrattori come uno troppo di destra.

I candidati delle primarie socialiste 2011. Da sinsitra a destra: Jean Michel Bellet,Martine Aubry,Manuel Walls, Francois Hollande, Arnoud Montebourg e Ségoléne Royale

I candidati delle primarie socialiste 2011. Da sinsitra a destra: Jean Michel Bellet,Martine Aubry,Manuel Walls, Francois Hollande, Arnoud Montebourg e Ségoléne Royale

La vigilia della campagna per le primarie sarà carattetizzata da un clima di tensione, dopo lo scandalo sessulae che colpisce Domenique Straus Kahn, indicato da tutti l’unico sfidante capace di battere Sarkozy.

Il Partito socialista si dissocia completamente dal affare di DSK e si concentra sulla scelta del candidato presidente.

La battaglia sarà molto accesa e al secondo turno passano Hollande insieme ad Aubry. Il vincitore sarà il futuro presidente della repubblica François Hollande.

Lo strano caso delle primarie dell’UMP.

 L’(Union pour un Mouvement Populaire) nasce negli inizi degli anni 2000 ed è il diretto discendente diretto del RPR (il partito neogollista fondato da Chirac negli anni ‘70). L’Ump è sostanzialmente opera di Nicolas Sarkozy che allarga il movimento gollista anche al centro. Fin dall’inizio l’Ump riscuote un enorme successo. Presidenziali e legislative del 2001 e poi vince le elezioni regionali e locali. Però la sconfitta alle presidenziali dell’anno scorso e l’uscita di scena, un po’ frettolosa e enigmatica, del suo creatore e primo leader Sarkozy, lascia un vuoto di potere.

Il partito di centro destra decide allora di  scegliere il nuovo capo del partito e di conseguenza il prossimo candidato alle elezioni presidenziali del 2017. Gli sfidanti che si presentano sono due esponenti illustri del partito, però non si tratta di primarie aperte poiché sono solo gli aderenti coloro che possono scegliere il candidato. Francois Fillon, primo ministro durante Sarkozy e François Copé, ministro di Fillon sono i due candidati.  La battaglia elettorale è tanto violenta quanto originale, poiché mai gli elettori classici della destra hanno visto un tale scontro all’interno della destra. François Fillon rappresenta una destra moderata che ammette le proprie difficoltà e i propri limiti durante le presidenziali. Fillon predilige anche un’alleanza con il centro. Invece Copé è la vera novità, un po’ per il suo modo di affrontare la battaglia elettorale, tutto tranne moderata e soprattutto per la sua idea di una destra senza complessi, avvicinandosi indirettamente all’estremismo del FN. Quest’ultimo sarà una delle tematiche delle primarie.

I sondaggi prevedevano un risultato stretto e così è stato. Infatti, Copé vince solo con 0,3% ma il risultato è subito contestato dall’entourage di Fillon, nello stesso tempo Copé accusa dei gravi brogli elettorali nel dipartimento delle Alpi Maritime.

Jean François Copé e François Fillon, i due contendenti che hanno diviso l’UMP.

Dopo settimane di accuse reciproche finalmente Fillon accetta la sconfitta, Copé diventa segretario però l’Ump si divide. Infatti, Fillon crea un proprio gruppo parlamentare e al momento il più grande partito della destra è orfano di un leader carismatico come Sarkozy e rimane de facto un partito diviso in due.