Un primo confronto tra l’Italia e la Francia

Lo stato francese e quello italiano sono accumulati da molte cose, dalla cultura alla lingua neolatina. Si tratta di due democrazie liberali ma come abbiamo visto rimangono delle differenze sostanziali nei sistemi politici. Ma lo scopo di questo blog è, infatti, di capire questi sistemi e chiarire i punti in comune e le discordie che  ci si sono tra due questi paesi vicini. Ovviamente, è impossibile fare una comparazione completa poiché bisogna tener conto di diversi fattori interni e/o esterni che hanno caratterizzato i due paesi oltre ai fattori esogeni  che influiscono sempre di più nelle politiche degli stati.

La Francia esiste come stato dal Medioevo invece l’Italia come stato/nazione è relativamente più giovane. Già questo concetto  potrebbe essere una spiegazione delle diversità dei sistemi politici che ci sono tra queste due nazioni. Da una parte il continuum francese, rinforzato da rivoluzioni e guerre violente, dall’altra la confusione italiana. Ma come ragionamento rimane relativo poiché altri stati più giovani dell’Italia hanno una stabilità politica maggiore. Ciò non toglie all’Italia il merito di possedere dal 1945 una delle costituzioni tra le più moderne e le più democratiche. Una legge fondamentale sociale che mira non solamente di ordinare la nazione ma si preoccupa soprattutto del bene della popolazione. Dall’altra parte troviamo invece una Costituzione che nasce solo per fini politici, giustificata in parte dalla crisi algerina e dalla confusione della quarta repubblica.

Agli occhi dei francesi l’Italia sembra la quarta repubblica dove regna un disordine e un’instabilità politica costante. La confusione all’italiana effettivamente esiste. Abbiamo visto che le ragioni di questa confusione sono in parte dovute a cause interne; leggi elettorali, ruolo dei partiti etc.. ma anche alla difficoltà di dimenticare l’eredità degli estremismi politici degli anni ’60 e ‘70. Invece per gli italiani, il sistema francese rimane un regime tutt’altro democratico. Il ruolo del presidente della repubblica come capo assoluto ricorda agli occhi degli italiani il fascismo.

Tuttavia questi ragionamenti nascono soprattutto da un’ignoranza delle specificità dei due paesi e quindi non sono assoluti. Infatti in Italia, dopo la crisi di tangentopoli nasce l’idea di passare ad un regime semi presidenziale alla francese. Ricordiamo che il primo ministro in Italia non ha un potere verticale molto forte e il Presidente è un garante, anche se ha qualche potere in casi particolari.

L’idea di mettere in opera un “Cesarismo francese”[1] è appoggiata soprattutto dalla destra moderata e ad ogni momento viene fuori con maggiore convinzione come unico modo di uscire dall’impasse politica e dal multipartitismo italiano. Recentemente è stato Silvio Berlusconi a proporre di nuovo il cambio della costituzione ma il patriottismo costituzionale è ancora contrario ad ogni tipo di modifica del regime. Anche in Francia non tutti sono contenti della quinta repubblica ma il sistema francese sembra capace di tenere queste voci fuori dal coro, anche se ultimamente si parla sempre di più di una sesta repubblica. Si tratta, infatti, di un’associazione, guidata dal socialista Arnaud Montebourg che spinge verso il ritorno ad un regime parlamentare e verso una diminuzione dei poteri presidenziali.

Un’altra differenza sostanziale che abbiamo visto in questo blog e la democrazia interna dei partiti. In Italia le elezioni primarie sono diventate un dogma della democrazia interna dei partiti, certo bisogna subito dire che resta una priorità della sinistra, però in Francia queste consultazioni restano ancora embrionali.

La globalizzazione ha cercato direttamente di uniformizzare i sistemi economici e indirettamente i sistemi politici. Di conseguenza molte scelte politiche avvengono a fini economici. La crisi economica degli ultimi cinque anni ha sconvolto il sistema politico in Italia. Come abbiamo durante l’ultima legislatura in Italia, la crisi economica ha fatto rinunciare a colui che l’aveva cominciata, Silvio Berlusconi a favore di un governo tecnico guidato da Mario Monti. Il governo dei tecnici è stata un esperienza difficile da assorbire poiché la politica di risanamento e di rigore proposta da Monti non è stata accettata dagli italiani  è il risultato delle elezioni anticipate di febbraio l’hanno dimostrato. Queste elezioni però non hanno contribuito alla formazione di un nuovo governo[2]. Infatti, ciò che ha sconvolto l’Italia e l’Europa è il successo del movimento populista “Cinque Stelle” di Beppe Grillo che al momento tiene con fiato sospeso tutti. Anche in Francia, uno dei motivi della sconfitta di Sarkozy è stata anche la crisi europea. In un parte dell’opinione pubblica Sarkozy e passato come un vassallo di Angela Merkel e incapace di dare voce agli interessi della Francia.  Però il nuovo presidente e la nuova legislatura ha messo in atto anche essa una politica poco favorevole alla crescita e ciò che mette al repentaglio sempre di più la popolarità di François Hollande è proprio la disoccupazione dilagante in Francia.


[1] Cf. le pubblicazioni di Massimo Nava « lI francese di ferro » Gaetano Quaglieriello « La Francia da Chirac a Sarkozy »

[2] Bisogna dire anche che la confusione in Italia, con una maggioranza parlamentare alla sinistra e un senato senza maggioranza è soprattutto merito del sistema elettorale.

Une comparaison entre l’Italie et la France.

L’État français et l’État italien ont plusieurs choses en commun, de la culture à la lingue néolatine. Il s’agit de deux démocraties libérales mais on a vu qu’ils demeurent des différences remarquables dans les systèmes politiques. Le but de ce blog est en fait de comprendre ces systèmes et  de dégager les points en commun mais aussi les divergences que caractérisent les deux pays. Bien sûr, il est impossible faire une comparaison complète puisque il faut tenir compte des différentes facteurs internes et externes qui ont caractérisé les deux pays en puis il faut ajouter des facteurs exogènes qu’influencent de plus en plus les politiques étatiques.

La France existe come nation depuis le Moyen Age par contre l’Italie est une nation relativement jeune. Ce concept pourrait déjà être une explication des diversités entre les deux pays. D’un côté un continuum français, renforcé en partie par des révolutions violentes et des guerres, de l’autre la confusion italienne. Or, comme raisonnement reste insuffisant puisque ils existent des états jeunes comme l’Italie qui ont une stabilité politique durable.

Cependant il faut remarquer que l’Italie possède une Constitution très démocratique et très  moderne. Une loi fondamentale de caractère sociale qui vise non seulement l’organisation étatique mais tous les champs de la vie sociale.  De l’autre coté on trouve une Constitution qui nait pour des but politiques, justifié en partie par la crise algérienne et par la confusion de la quatrième république.

Pour les français l’Italie apparaît la quatrième république où domine le désordre et l’instabilité politique. Effectivement la confusion politique existe en Italie. On a vu que cette confusion est due en partie pour des raisons internes comme le rôle des partis, les lois électorales etc. mais aussi grâce à un héritage d’un extrémisme politique des années ‘60 ’70 qui demeure dans certains acteurs sociaux.  Pour les italiens le régime français reste un régime pas du tout démocratique. Le rôle du chef d’État en France rappelle aux italiens le régime fasciste. De toute façon ces arguments sont partialements faux et ils naissent comme le résultat d’une carence de connaissance des spécificités des deux pays. En fait, après la crise de tangentopoli, nait l’idée de passer à un régime présidentiel à la française. Il faut se rappeler que le premier ministre n’a pas un pouvoir verticale remarquables et le Président de la république a juste un rôle de garantie, même s’il peut avoir des pouvoirs dans de cas spécifiques.

L’idée de mettre en place le Césarisme français[1] est appuyée par la droite modérée et chaque fois elle est vue come le seul moyen pour en sortir de l’impasse politique et le régime des partis. Lors de la dernière campagne électorale Silvio Berlusconi a proposé encore une fois les changements constitutionnel pour  rendre le premier ministre un sort de chef d’État français mais en Italie il existe un « patriotisme constitutionnel » très fort que pour l’instant empêche cet transformation.

De même, en France pas tout le monde est content de la cinquième république, même si le régime français semble capable de placer ces voix loin du contexte politique actuel. C’est le cas notamment d’une association dirigée par le socialiste Arnaud Montebourg qui prône vers un sixième république, où le parlement retourne à avoir une place centrale dans les décisions politiques.

Une autre différence qu’on a vu dans ce blog c’est la démocratie interne des partis. En Italie les élections primaires sont devenues une dogme pour la démocratie des partis, même si pour l’instant reste encore un monopole de la gauche. Au contraire en France il s’agit d’une nouveauté absolue.

La mondialisation a cherché d’uniformiser directement les systèmes économiques mondiaux  et indirectement les systèmes politiques. De conséquence, la majorité des choix politiques sont fait pour des raisons économiques.  La crise des dernières années a bouleversé le système italien. Comme on a pu voir, la dernière législature a été influencé directement par la crise économique et a obligé celui qui devait conduire le pays, Silvio Berlusconi, à renoncer à cette  tâche en donnant le pouvoir à un gouvernement technique dirigé par Mario Monti. Le gouvernement des techniciens a été une expérience difficile et impopulaire  puisque les politiques de rigueurs proposées par l’ancien commissaire n’ont pas été acceptées par les italiens et les résultats des élections anticipées preuve ce mécontentement. En autre, ces élections n’ont pas contribué à la formation d’un nouveau gouvernement[2] et ce qu’a percuté l’Italie et l’Europe c’est le succès inattendu du mouvement populiste des « cinq étoiles ». Le mouvement de Beppe Grillo tiens toute l’Italie au but de fil.

En France la défaite de Sarkozy est le résultat aussi, en bonne partie, de la crise économique européenne. Pour une partie de l’opinion publique française, Sarkozy est devenu un simple vassal de Angela Merkel et du coup incapable de défendre les intérêts de la France. Or le nouveau Président et la nouvelle législature a mis en place elle aussi une politique peu favorable à la croissance et ce qui met en danger de plus en plus la popularité de M. Hollande c’est le chômage progressif.


[1] C.f. les ouvrages de Massimo Nava « Le français de fer » et Gaetano Quagliariello « La France de Chirac à Sarkozy »

[2] Il faut dire aussi que l’impossibilité de former un gouvernement en Italie est due aussi à la loi électorale que a permis à la gauche une majorité au parlement mais pas au Senat.

LE PRESIDENZIALI DELLA PRIMAVERA 2012

Le elezioni per scegliere il presidente della quinta repubblica si svolgono il 22 Aprile e il 6 Maggio 2012. Come tradizione, i potenziali candidati sono  tanti e tanti rinunciarono; un po’ perché incapaci di raccogliere le 500 firme degli eletti locali, è’ il caso dell’ex primo ministro Dominique de Villepin, oppure per rinuncia per favorire  un altro candidato (Alain Juppé per Nicolas Sarkozy). Tuttavia il consiglio costituzionale ne sceglierà dieci candidati. Il primo grande candidato è François Hollande, forte della vittoria delle primarie del partito socialista di fine 2011 e capace di ignorare la popolarità, nel bene e nel male, di Domenique Strauss Kahn. Bisogna aspettare un po’ di tempo per sapere l’annuncio della candidatura del presidente uscente Nicolas Sarkozy.

Il duo Le Pen, Mélenchon

Benché la sfida si concentri su queste due personalità dello scacchiere politico francese non bisogna negligere altri due candidati che rappresentano, in un certo modo l’estremismo politico in Francia. Si tratta di Marine Le Pen e Jean Luc Mélenchon. La prima è la figlia di Jean Marie Le Pen, leader assoluto e ideatore del Fronte Nazionale (FN), il partito d’estrema destra francese che fin dalla sua creazione si è sempre  presentato alle elezioni presidenziali e riuscendo ad avere nel tempo dei discreti risultati. Emblematico è l’exploit, sconvolgendo la scena politica francese, delle presidenziali 2002 dove Jean Marie Le Pen riesce addirittura ad arrivare al ballottaggio al secondo turno. Però, sua figlia Marine in questa campagna cerca di evolvere l’estrema destra, ma senza dimenticare certi “valori” ereditati da suo padre come la xenophobia e l’antieuropeismo. Dall’altra parte troviamo Jean Luc Mélenchon, vecchio deputato con Mitterrand e da sempre rappresentante dell’ala estrema del partito. Questa volta Melenchon e a capo di una coalizione che raggruppa i comunisti francesi e altre piccole formazioni di estrema sinistra. Il fronte della sinistra (front de gauche) riesce ad imporsi durante la campagna elettorale come la vera sorpresa, grazie soprattutto al carisma di Mélenchon i sondaggi lo danno addirittura al 17%.

Jean Luc Mélenchon e Marine Le Pen durante uno dei tanti dibattiti televisivi.

Jean Luc Mélenchon e Marine Le Pen durante uno dei tanti dibattiti televisivi.

Per  tutta la campagna elettorale ci sarà una campagna dentro la campagna, svolta da queste due personalità di estremi completamente opposti, la quale continuerà anche durante le legislative con attacchi reciproci.

Il trionfo di François Hollande.

Tuttavia tutto gira intorno ai due candidati principali, Nicolas Sarkozy e Francois Hollande. La dialettica tra di loro sarà molto forte e le critiche assai aspre. In particolare l’entourage di Sarkozy dichiara che c’è una forte disparità della stampa nei confronti dei candidati, accusando un appoggio troppo favorevole al candidato del PS. Tutto ciò avviene in un periodo di profonda crisi economica. Infatti,  i temi elettorali saranno il lavoro, l’economia e la politica estera (dove Sarkozy sembra più avvantaggiato, dischiarandosi il primo partner della Germania nel combattere la crisi del debito sovrano). Rispettando quasi tutti i sondaggi il primo turno è François Hollande a vincerlo con il 28,6% dei voti, tamponato da Sarkozy con il 27, 19%. In terza posizione troviamo Marine Le Pen con 17,90% poi Mélenchon 11,10 e Francois Bayrou con il 9%. Quest’ultimo, terzo arrivato alle presidenziali precedenti, non arriva a giocare il ruolo della bilancia come fece nel 2007 appoggiando Sarkozy.

Da quanto esiste l’elezione a suffragio universale a doppio turno per il presidente della repubblica, il primo turno resta un indicatore principale, poiché  fino ad ora, colui che arriva primo vince anche il secondo turno. Infatti, con l’appoggio di Mélenchon e Bayrou, e dopo un dibattito televisivo trionfale, François Hollande prevale anche al secondo con il 51,64% dei voti diventando così il settimo presidente della quinta repubblica francese.

La vittoria della sinistra sarà doppia poiché un mese dopo vince anche le legislative, impedendo così una possibile coabitazione con la destra.

LE ELEZIONI PRIMARIE IN FRANCIA

Storicamente i partiti in Francia sono dei partiti sezione, secondo il modello ideato da Maurice Duverger, cioè ben organizzati e i leader non permettono una grande democrazia interna. Il partito socialista francese è un partito di notabili, cioè personalità spesso venute dal territorio e che grazie alla popolarità sul territorio riescono ad avere la stessa fama nell’intera Francia, rimanendo dunque nella scena politica per parecchio tempo. Ad esempio, Pierre Mauroy  (sindaco storico di Lilla e poi primo ministro) oppure più recentemente lo stesso Hollande, senza dimenticare Jacques Chirac, prima sindaco di Parigi poi capo del RPR e infine presidente. Quindi vi è poco spazio per la democrazia all’interno dei partiti in Francia.  Le prime elezioni per scegliere un candidato presidente risalgono nel lontano 1995 quando l’ultimo settennato di Mitterrand giunge al termine. Gli aderenti del PS allora sono invitati a scegliere tra Lionel Jospin e Henri Emmanuelli, quest’ultimo perde le elezioni e il candidato e l’ex ministro Jospin, il quale però perderà le presidenziali contro Chirac nello stesso anno.

Nel 2006 si presentano più candidati ma come nel ‘95 le elezioni sono aperte solo ai simpatizzanti di sinistra. Questa volta i due candidati principali sono Segolene Royale e Dominique Straus Kahn, tamponati dal rampollo di Mitterrand, Laurent Fabius. Sarà Ségoléne Royale la vincitrice, appoggiato da una grande parte del partito e dal suo ex marito, segretario del partito dell’epoca Francois Hollande.

Tuttavia bisogna attendere la fine del 2011 per avere delle primarie aperte all’intera popolazione. Come per l’Italia, bisogna che l’elettore contribuisca con una cifra simbolo di 1 euro e dichiari di votare la sinistra durante le elezioni presidenziali. Di conseguenza, questa volta troviamo un numero maggiore di candidati.

– Jean Michel Bellet, segretario del partito radicale di sinistra.

– Arnaud Montebourg, segretario del partito e organizzatore delle primarie.

– Martine Aubry, sindaco di Lille e discepola di Pierre Mauroy

– Francois Hollande, ex segretario  storico del PS

– Segolène Royale, uscita sconfitta dalla sfida con Sarkozy nel 2007

– Manuel Walls deputato e sindaco, una figura nuova al seno del PS, bollato dai suoi detrattori come uno troppo di destra.

I candidati delle primarie socialiste 2011. Da sinsitra a destra: Jean Michel Bellet,Martine Aubry,Manuel Walls, Francois Hollande, Arnoud Montebourg e Ségoléne Royale

I candidati delle primarie socialiste 2011. Da sinsitra a destra: Jean Michel Bellet,Martine Aubry,Manuel Walls, Francois Hollande, Arnoud Montebourg e Ségoléne Royale

La vigilia della campagna per le primarie sarà carattetizzata da un clima di tensione, dopo lo scandalo sessulae che colpisce Domenique Straus Kahn, indicato da tutti l’unico sfidante capace di battere Sarkozy.

Il Partito socialista si dissocia completamente dal affare di DSK e si concentra sulla scelta del candidato presidente.

La battaglia sarà molto accesa e al secondo turno passano Hollande insieme ad Aubry. Il vincitore sarà il futuro presidente della repubblica François Hollande.

Lo strano caso delle primarie dell’UMP.

 L’(Union pour un Mouvement Populaire) nasce negli inizi degli anni 2000 ed è il diretto discendente diretto del RPR (il partito neogollista fondato da Chirac negli anni ‘70). L’Ump è sostanzialmente opera di Nicolas Sarkozy che allarga il movimento gollista anche al centro. Fin dall’inizio l’Ump riscuote un enorme successo. Presidenziali e legislative del 2001 e poi vince le elezioni regionali e locali. Però la sconfitta alle presidenziali dell’anno scorso e l’uscita di scena, un po’ frettolosa e enigmatica, del suo creatore e primo leader Sarkozy, lascia un vuoto di potere.

Il partito di centro destra decide allora di  scegliere il nuovo capo del partito e di conseguenza il prossimo candidato alle elezioni presidenziali del 2017. Gli sfidanti che si presentano sono due esponenti illustri del partito, però non si tratta di primarie aperte poiché sono solo gli aderenti coloro che possono scegliere il candidato. Francois Fillon, primo ministro durante Sarkozy e François Copé, ministro di Fillon sono i due candidati.  La battaglia elettorale è tanto violenta quanto originale, poiché mai gli elettori classici della destra hanno visto un tale scontro all’interno della destra. François Fillon rappresenta una destra moderata che ammette le proprie difficoltà e i propri limiti durante le presidenziali. Fillon predilige anche un’alleanza con il centro. Invece Copé è la vera novità, un po’ per il suo modo di affrontare la battaglia elettorale, tutto tranne moderata e soprattutto per la sua idea di una destra senza complessi, avvicinandosi indirettamente all’estremismo del FN. Quest’ultimo sarà una delle tematiche delle primarie.

I sondaggi prevedevano un risultato stretto e così è stato. Infatti, Copé vince solo con 0,3% ma il risultato è subito contestato dall’entourage di Fillon, nello stesso tempo Copé accusa dei gravi brogli elettorali nel dipartimento delle Alpi Maritime.

Jean François Copé e François Fillon, i due contendenti che hanno diviso l’UMP.

Dopo settimane di accuse reciproche finalmente Fillon accetta la sconfitta, Copé diventa segretario però l’Ump si divide. Infatti, Fillon crea un proprio gruppo parlamentare e al momento il più grande partito della destra è orfano di un leader carismatico come Sarkozy e rimane de facto un partito diviso in due.

I PRESIDENTI DELLA QUINTA REPUBBLICA

08/01/1959 08/01/1966 Charles de Gaulle
eletto il 21 Dicembre 1958
UNR DR
08/01/1966 28/04/1969 Charles de Gaulle
rieletto il 19 Dicembre 1965
UNR-UDT
19/06/1969 02/04/1974 Georges Pompidou
eletto il 15 giugno 1969
UDR DR
24/05/1974 21/05/1981 Valéry Giscard d’Estaing
eletto il 19 Maggio 1974
RI DR
21/05/1981 20/05/1988 François Mitterrand
eletto il 10 Maggio 1981
PS DR
21/05/1988 16/05/1995 François Mitterrand
rieletto l’8 Maggio 1988
PS
17/05/1995 28/04/2002 Jacques Chirac
eletto il 7 Maggio 1995
RPR DR
28/04/2002 16/05/2007 Jacques Chirac
rieletto il 6 Maggio 2002
RPR
16/05/2007 15/05/2012 Nicolas Sarkozy
eletto il 6 maggio 2007
UMP DR
15/05/2012 in corso François Hollande
eletto il 6 maggio 2012
PS DR

 

Il PRESIDENZIALISMO ALLA FRANCESE

      La costituzione della quinta repubblica prevede un regime parlamentare, dove il parlamento è eletto suffragio universale dal popolo, invece il governo è quello che mette all’opera le leggi dei rappresentati. Però con la scelta di avere un capo di stato eletto direttamente dal popolo sconvolge non di poco il regime parlamentare in sé. Il presidente della repubblica ha un mandato di 7 anni che dopo il referendum del 2005 è diventato di 5 anni.

Le presidenziali

Le elezioni presidenziali sono caratterizzate da un sistema maggioritario uninominale a doppio turno come per l’elezione di un deputato solo che la circoscrizione è quella nazionale. Prima di presentarsi un candidato presidente deve presentare di fronte al Consiglio di Stato almeno 500 firme (parranaige) raccolte da eletti degli enti territoriali ( sindaci, rappresentati dei consigli regionali o generali). Si tratta, infatti, di una garanzia che il candidato ha un appoggio territoriale. Però questo sistema permette a molti di candidarsi, infatti, al primo turno si presentano molti candidati, almeno 7 nel 65 nella prima elezione diretta del presidente della repubblica, ma anche 16 candidati durante le presidenziali del 2002.  Dopo si passa al primo turno e il candidato per vincere le elezioni deve avere la maggioranza assoluta.

Siccome ci sono tanti candidati mai un presidente della repubblica è stato scelto al primo turno. Si dice in Francia che il primo turno serve solo per mettere in chiaro le forze politiche che avranno un peso specifico nella legislatura e misurare la forza dei candidati favoriti. Al secondo turno (ballottaggio) ci arrivano i due candidati che hanno il maggior numero di voti al primo turno. Nel secondo turno vince semplicemente colui che riceve più voti.

Il presidente della repubblica

Secondo la Costituzione il capo dello stato incarna l’autorità dello stato. Lui è capo dell’esercito, assicura il rispetto della costituzione e il funzionamento dei poteri pubblici. In pratica un classico capo dello stato di un regime parlamentare classico. Però il capo dello stato ha delle prerogative costituzionali ma anche derivanti dalla prassi che rendono la sua figura la più importante della nazione.

Innanzitutto l’art 16 della Costituzione che conferisce al capo dello stato il potere di sciogliere le camere e di avere il potere assoluto in caso di crisi. Inoltre il capo dello stato ha un potere di rilievo sulla difesa nazionale e la politica estera. Emblematico è il decreto presidenziale del 64 che rende il presidente l’unico avente diritto di utilizzare la della bomba atomica. Il capo dello stato e anche capo della diplomazia, lui nomina personalmente gli ambasciatori e ratifica i trattati internazionali, dopo l’approvazione delle camere.

Il presidente dell’esecutivo?

Il presidente della repubblica non è solo capo dello stato e rappresentate della nazione. Egli insieme al primo ministro forma l’esecutivo della nazione. Da cui il semipresidenzialismo francese. Il capo dello stato nomina il primo ministro, dopo aver tenuto conto della maggioranza in parlamento. Una volta avuto l’incarico dal presidente, il primo ministro nomina i propri ministri e pone alle camere il voto di fiducia. Se nel caso il governo cade dopo una mozione di sfiducia allora il primo ministro si rende dal presidente per dimissionare. Tuttavia, anche per quanto riguarda l’esecutivo, il presidente della repubblica ha delle prerogative importanti, soprattutto lo scioglimento delle camere dopo l’avviso con il primo ministro (art 12). Si tratta di una competenza assoluta, la quale è stata utilizzata discrezionalmente da alcuni presidenti per motivi politici (De Gaulle 62, Mitterrand 86, Chirac 96).

Inoltre nel tempo l’influenza del presidente della repubblica e la sua popolarità, grazie in parte all’elezione popolare lo ha reso la personalità politica la più importante del paese e implicitamente il presidente del consiglio e i ministri sono diventati  sono diventati i suoi  valletti. Significativo è l’annuncio del presidente Chirac nel 2004 dove ricorda all’intera Francia che il capo è lui rispondendo così a Nicolas Sarkozy, ministro delle finanze dell’epoca.  Ma non è sempre stato così.

La coabitazione

La coabitazione durante la quinta repubblica è il momento quando la maggioranza politica parlamentare uscita dalle elezioni legislative è diversa da quella del presidente. Il capo dello stato non può che prendere atto e presentare alle camere come primo ministro un candidato favorevole alle camere. Ci si trova dunque a una coesistenza forzata tra il primo ministro e il presidente e quest’ultimo resta un po’ in disparte poiché è il programma del governo che si applica. Il capo dello stato comunque resta la personalità di spicco all’estero però ci vuole il consenso del primo ministro.

Nella storia della quinta republica ci sono state 3 coabitazioni.

1986-1988 Presidente Mitterrand (PS) e primo ministro Chirac (RPR)

1993-1995 Presidente Mitterrand (Ps) e primo ministro Edouard Balladur (RPR)

2001-2005 Presidente Chirac (RPR) primo ministro Lionel Jospin (PS).

jacques-chirac-et-francois-mitterrand

La coabitazione era dovuta in parte alla differenza di due anni tra il mandato del capo dello stato (7 anni) e le camere (5 anni).

Il referendum del 2002 che accorcia il mandato presidenziale a 5 anni è stato fatto anche per eliminare questa “pecca” del sistema francese. Tuttavia dal 2005 le elezioni presidenziali si svolgono all’incirca 2 mesi prima delle elezioni legislative. Quindi ci sono 2 mesi a disposizione solo del presidente della repubblica che agisce da solo in un periodo dove le camere sono sciolte e di conseguenza non c’è un governo e quindi indirettamente può influenzare la scelta degli elettori alle legislative. Infatti nelle due ultime legislature, la maggioranza parlamentare quindi il governo è dello stesso colore politico del capo dello Stato.

IL SISTEMA FRANCESE

La costituzione approvata nel 58 che rimane tuttora in vigore stabilisce una forma di governo che il politologo Maurice Duverger la definisce semi-presidenzialista. Il solo punto in comune tra la costituzione della quinta repubblica e le costituzioni precedenti e il preambolo, dove troviamo un richiamo alla dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1789.  Un posto importante nella costituzione trova il popolo, nella legge fondamentale della repubblica troviamo il principio: “solo il suffragio universale è la fonte di ogni potere”. Infatti, la legittimità della quinta repubblica, come abbiamo visto è arrivata dopo un referendum organizzato dal generale.

Il potere legislativo

Nella costituzione francese l’organo legislativo è diviso in due camere. Il senato e l’assemblea Nazionale.

 Un senato poco « ingombrante« 

Il senato e la camera alta e non viene eletto direttamente al suffragio universale. Infatti, i senatori sono scelti da un gruppo di grandi elettori composto dalle collettività territoriali. Sono, gli eletti  del consiglio generale e i sindaci che scelgono i senatori. Il consiglio regionale e il governo del dipartimento. Il dipartimento  è stato per lungo tempo l’ente territoriale il più importante in Francia e corrisponde grosso modo alla provincia in Italia. Il Senato è rinnovato ogni 3 anni. Se a prima vista sembrerebbe una camera che rappresenta gli interessi del territorio il potere del senato e la sua rappresentatività rimane molto relativa.

Lionel Jospin, ex primo ministro e un esponente di rilievo della sinistra post-Mitterrand lo ha bollato come una anomalia della democrazia perché il sistema per eleggere il senato in verità rappresenta soprattutto per 55% la volontà dei piccoli comuni e questo spiega in gran parte l’assenza di rotazione politica. Solo nel 2011 al senato francese la sinistra ha avuto per la prima volta nella quinta repubblica la maggioranza assoluta. Sorge allora la questione su come hanno fatto i governi di sinistra a governare con una delle camere all’opposizione.

Tutto ciò e dovuto ancora a De Gaulle, il quale vedeva il Senato come un luogo dove si rappresentavano i piccoli interessi dei comuni o di alcune provincie e non l’interesse della nazione. Perciò nella quinta repubblica, il Senato pur svolgendo un ruolo attivo nel proporre e votare le leggi ordinarie ma anche il bilancio, non ha nessun potere di veto sul governo. Infatti il controllo della camera è svolto dall’Assemblea Nazionale, il senato non vota né la fiducia né la sfiducia al governo. Inoltre il primo ministro assieme al presidente della repubblica può anche non tener conto di una votazione contraria al Senato, approvando lo stesso la legge.

 L’Assemblea Nazionale

L’organo legislativo per eccellenza in Francia è l’Assemblea Nazionale. Essa è eletta al suffragio popolare diretto con un sistema maggioritario diretto un’uninominale a due turni. Per essere deputato bisogna avere la maggioranza assoluta (50%+1) nella propria circoscrizione al primo turno oppure la maggioranza relativa al secondo turno. Il mandato dell’assemblea nazionale è di 5 anni. L’assemblea è composta da 577 deputati e sono rappresenti anche i dipartimenti d’oltre mare. L’assemblea propone e vota le leggi, dalla fiducia e può sfiduciare il governo e inoltre approva il bilancio. Inoltre in assemblea plenaria con il Senato vota le revisioni costituzionali, che sono approvate con una maggioranza qualificativa di 3/5.

Vi è dunque un rapporto diretto tra camera e governo. Poiché come in tutti i sistemi parlamentari, la fiducia del governo è sottomessa alla volontà degli eletti del popolo. Ma vedremo in seguito che il sistema francese è bicefalo poiché l’assemblea nazionale non può fare niente contro di colui che è scelto dal popolo a suffragio universale, cioè il presidente della repubblica.

 

 

 

 

 

 

Il ruolo del referendum nella quinta repubblica

Una delle caratteristiche del sistema politico della Francia moderna e il ricorso sovente alla volontà del popolo. I primi referendum della quinta repubblica sono organizzati proprio da De Gaulle, per l’approvazione della costituzione del ’58. Nel 1962 De Gaulle propone al popolo francese un altro gli accordi di Evian, quelli che sanciscono in pratica la fine della Guerra con l’Algeria. Il popolo francese risponde positivo col 74% di sì. Però lo stesso anno il generale mette all’opera un “altro colpo di stato costituzionale”. Infatti, il generale propone di cambiare la costituzione del 58 per quanto riguarda la scelta del presidente della repubblica che secondo la legge fondamentale è scelto dalle camere. De gaulle vuole un presidente eletto dal popolo (fonte di ogni potere) a suffragio universale. In questo momento le camere sono ostili al presidente de Gaulle e il dibattito politico è molto violento perché De Gaulle sceglie lo stesso di proporre un referendum.

Grazie all’art 89 della costituzione della quinta repubblica il presidente della repubblica ha il potere di proporre un referendum per leggi ordinarie, però per quanto riguarda la revisione costituzionale la costituzione indica con che sono le camere insieme al presidente a decidere il referendum. De Gaulle, su una revisione costituzionale (l’art.11 ) ignora ancora la legge in vigore. Avendo il diritto e sapendo che le camere erano contrarie, De Gaulle scioglie le camere, dopo aver avuto le dimissioni del governo e organizza il referendum il 28 Ottobre del 1962. Con un risultato meno plebiscitario degli altri, i francesi rispondono sì all’elezione diretta del presidente. Dopo un mese De Gaulle ha anche la maggioranza alle Camere alle legislative. Però, il dibattito politico violento del ‘62 si ripercuoterà sulla popolarità di De Gaulle. Difatti, giunto alla fine del mandato di 7 anni, nel 1965 De Gaulle affronta per la prima volta le elezioni presidenziali a suffragio universale diretto. Quando tutti si aspettavano un altro risultato plebiscitario a favore del generale, con grande sorpresa  De Gaulle si trova in ballottaggio con uno sconosciuto Mitterrand appoggiato da una sinistra ancora poca organizzata. Alla fine De Gaulle vince il secondo turno con il 55% della preferenza ma da lì a poco il generale capisce che la sua popolarità sta pian piano svanendo, soprattutto con la primavera francese del ‘68. Essendo fiero del sistema messo in piedi da lui stesso, De Gaulle propone un altro referendum su una modifica del Senato, però in verità di tratta per il fiero generale di un test di popolarità. Il referendum, indetto nell’aprile del ‘69, sancisce la fine dell’epoca gaullista, poiché il generale si rende conto della fine della sua popolarità e si allontana dalla scena politica, questa volta definitivamente.

Un arma politica che piace a tutti.

La tecnica del referendum è stata usata dai presidenti anche per decisioni riguardanti la società o il ruolo della Francia nel mondo. C’è da ricordare il referendum indetto dal successore di De Gaulle, Georges Pompidou il quale nel ‘72 chiede ai francesi se sono favorevoli all’entrata della Gran Bretagna e Norvegia nella Communita Europea. Vent’anni  dopo Mitterrand chiede al popolo francese se è d’accordo nell’applicare il trattato di Maastricht. In questi referendum guadagna il sì ma c’è da notare il grande tasso di astensione poiché si tratta di referendum fatti per testare la fiducia politica del presidente che è al potere.

Un caso particolare è il referendum sulla costituzione Europea del 2005, indetto da Chirac, il  quale dichiara che la questione concerne direttamente i francesi.  Per la seconda volta durante la quinta repubblica guadagna il no con il 54%. Un appassionato dibattito accende la Francia, poiché la questione e bipartisan. Sia a destra che a sinistra ci sono delle divisioni sulla costituzione europea e cui si aggiungono la poca popolarità del governo Raffarin e la famosa direttiva Bolkenstein, che è tradotta dai francesi con il caso dell’idraulico polacco che ruba il lavoro all’idraulico francese.

Il primo a fare i conti con il no alla costituzione europea dei francesi. Il primo ministro jean Pierre Rafarin che presenta le dimissioni a Jacques Chirac

Il primo a fare i conti con il no alla costituzione europea dei francesi. Il primo ministro jean Pierre Rafarin che presenta le dimissioni a Jacques Chirac

Innanzitutto il referendum rappresenta per la quinta repubblica una legittimazione di essa stessa. Vi è scritto nei principi di essa stessa che la volontà popolare è la fonte di ogni potere. Troviamo in questo principio un richiamo diretto all’epoca della Rivoluzione. La quinta repubblica incarna un sistema giacobino e per attenuare questa caratteristica il richiamo alla volontà popolare rimane una scelta obbligatoria. Però se per il generale De Gaulle il referendum rappresentava l’assoluta legittimità del potere e in parte del suo potere nel tempo questa tecnica assume contorni piuttosto politici per tutti gli altri presidenti che seguiranno. Tutto ciò spiega perché dal ‘72 in poi la volontà popolare non sarà più plebiscitaria indipendentemente dal tema del referendum.

LA QUINTA REPUBBLICA FRANCESE

Il generale Charles de Gaulle

Il generale Charles de Gaulle, primo presidente della quinta repubblica francese

        La quinta repubblica nasce ufficialmente il 5 ottobre 1958 quando l’Assemblea Nazionale, cioè il parlamento francese approva la nuova costituzione preparata da un gruppo di esperti e deputati sotto la guida del guardasigilli dell’epoca e futuro primo ministro di De Gaulle, Michel Debré. Intanto il generale De Gaulle era al potere come primo ministro dal 13 Maggio 1958, giorno in cui ad Alger le proteste degli algerini diventano una minaccia seria per la Francia. Da questo giorno al generale De Gaulle li sono conferiti i pieni poteri ed e lui a incitare la modifica della costituzione della quarta repubblica.   Bisogna soffermarsi sul termine modifica poiché in principio, il ruolo di De Gaulle era innanzitutto  quello di condurre la Francia fuori dalla crisi algerina, grazie alle sue capacità e il suo ruolo nell’esercito francese e in seguito sistemare l’impasse politico creato dalla quarta repubblica. Ma l’eroe della seconda guerra mondiale si vendica a suo modo della quarta repubblica, non modificando ma spazzando via la costituzione precedete sostituendola con una costituzione nuova dove il presidente della repubblica diventa il perno centrale del sistema. Ciò facendo, il generale compie un vero e proprio colpo di stato, poiché dopo aver modificato la costituzione de Gaulle stabilisce un referendum popolare per approvare. La risposta sarà plebiscitaria con uno score di 81%.  Pero il colpo di stato, secondo alcuni costituzionalisti sta nel fatto che nella costituzione precedente ogni revisione costituzionale doveva essere approvata dall’Assemblea Nazionale e il Senato, che invece sono ignorate da De Gaulle rimettendo la questione solo al popolo.

Il generale Charles De Gaulle diventa presidente della repubblica, scelto da un collegio composto da grandi elettori (deputati, senatori e rappresentati dei consigli generali) e stabilisce da lì a poco tempo una repubblica semi presidenziale, totalmente diversa dal regime precedente e profondamente ripudiato da De Gaulle.

Sembra perciò utile soffermarsi sulla quarta repubblica e capire perché il profondo disprezzo che De Gaulle e i francesi avevano per questo sistema, che nella Francia d’oggigiorno è diventato talvolta un sinonimo per spiegare il sistema politico italiano.

La quarta repubblica. Un’instabilità che fa paura ai francesi.

La quarta repubblica nasce dopo la fine della seconda guerra mondiale, quando una nuova costituente formata dai partiti che avevano combattuto durante la Resistenza e  scrive una nuova costituzione non molto diversa da quella della Terza repubblica.

Si tratta di un sistema prettamente parlamentare, dove l’organo legislativo diventa il centro di tutto il sistema fungendo anche da esecutivo.  I tre partiti maggiori sono i socialisti della SFIO, i communisti della PCF e l’Unione popolare francese(RPF). Quest’ultimo era il partito del generale, il quale si dichiara subito contrario a questa forma di governo dove regnano i partiti e i giochi sporchi che si svolgono nel Parlamento. Infatti, da subito bolla la Quarta repubblica come la repubblica dei partiti e dei notabili e dopo lascia la scena politica[1], anche se il suo partito resta sempre all’opposizione. Il generale non aveva del tutto torto. La quarta repubblica è caratterizzata da un’instabilità politica costante, i governi cambiavano anche 2 volte al mese poiché erano sempre schiavi degli umori del parlamento. Un parlamento dove una maggioranza era sempre impossibile a raggiungere. Da un lato i partiti più grandi non si allevano mai tra di loro (comunisti e socialisti), dall’altro un sistema elettorale proporzionale che faceva entrare nell’Assemblea partiti minori o partiti minori fatti al momento. Si tratta ovviamente del movimento Pujadista, un movimento radical-populista formata dai piccoli commercianti perché contrari alla politica fiscale del governo, tra le quali troviamo anche un  giovane Jean- Marie Le Pen.

Spiegare della quarta repubblica solo i suoi difetti sistemici è riduttivo e non pertinente al nostro discorso. Però, à posteriori possiamo dire che la fine della Quarta Repubblica è dovuta soprattutto alle crisi delle colonie; prima la guerra in Indocina e la perdita delle colonie in Asia nel 54 poi la Guerra dell’Algeria che segna l’inizio dell’arrivo al potere di De Gaulle.


[1] La famosa traversata del deserto cioè la sparizione completa del generale finita nel ‘58 con il ritorno in politica di De Gaulle.