Europe, mon amour

Il giornalista è colui che distingue il vero dal falso…e pubblica il falso, diceva Mark Twain. Aggiungiamoci anche che il giornalista spesso che pubblica quello che pubblica qualcun altro oppure quello che gli pare a lui o qualcun’altro. Sembra una buona sintesi di quello che è successo a molti giornalisti, editorialisti, corrispondenti, illustri e non, in Italia negli ultimi giorni sulle elezioni amministrative in Francia.

Da domenica sera fino in questo momento, e si andrà avanti fino la domenica prossima, quando si svolgeranno i ballottaggi che decideranno i nuovi amministratori locali francesi, per gli italiani il Fronte Nazionale ha vinto le elezioni amministrative. Non siamo delirando neppure troppo esagerando. Per il nostro paese, il partito populista (ex-razzista?) abbastanza omofobo e xenofobo e, per quello che ci s’interessa, anti –europeista, guidato da Marine Le Pen, ha avuto un successo eccezionale nelle ultime elezioni.

Secondo fonti del Ministero dell’Interno Francese, la destra UMP ha ottenuto il 46,44% delle preferenze, il primo turno, il partito socialista 38,20% e le liste del Fronte Nazionale hanno ottenuto il 4.70% e non hanno presentato delle liste in tutta Francia.

Dicono di guardare i numeri per giudicare. Ora se questi numeri confondono, comunichiamo delle informazioni che i mass media italiani potevano recuperare in ogni sito d’informazione oppure in siti istituzionali francesi. Solamente in un vecchio comune di minatori nel nord della Francia si è scelto un sindaco del Fronte Nazionale. Henin- Baumont conta all’incirca 26,000 abitanti.

La prima notizia è che mai un sindaco di FN è stato eletto al primo turno. La seconda notizia è che il fronte nazionale è in vantaggio nel primo turno in molte località come Perpignan 120000 e Beziers 72 000 abitanti. Si tratta delle uniche medie – grandi località, dove il partito di Marine Le Pen ha un discreto vantaggio. Il resto si tratta di piccole comunità o piccolissime città. Parliamo sempre di ballottaggio quindi non vittoria.

Molte sono le spiegazioni per questo discreto successo del Fronte Nazionale, tutte validi. Innanzitutto l’impopolarità storica del presidente François Hollande, e di conseguenza della sinistra. Un’astensione paurosa. Su dieci francesi, quattro non sono andati a votare. Ed infine, lo sgretolamento del Fronte Repubblicano, ovvero l’alleanza tra destra e sinistra repubblicana ogni volta che bisognava affrontare un candidato del FN durante una tornante elettorale. Ricordiamo in questo caso l’elezione presidenziale del 2002, quando il partito socialista invitò i propri elettori a votare Jacques Chirac nel ballottaggio drammatico contro Jean Marie Le Pen.  La fine del fronte repubblicano arriva nel 2011, quando Nicolas Sarkozy, nel pieno tentativo di conquistare gli elettori del FN, estremizzando il proprio partito UMP impose il né…né. Cioè in caso di ballottaggio non si vota né il PS né il FN.

Ora, bisogna ammettere l’allarmismo di molti media ed istituzioni italiane o europee su questo exploit dell’estrema destra anti europeista in Francia. Per di più questa ondata blu ( vague blue) arriva poco prima delle elezioni europee, dove il fronte nazionale ha sempre avuto degli ottimi risultati vigendo per queste elezioni un sistema proporzionale puro.

front-national-310x413Tutti quelli che hanno a cuore l’Europa hanno avuto tutto il tempo necessario (almeno 3 anni, da quando Jean Marie Le Pen ha lasciato le redini del FN a sua figlia) per capire la pericolosità di questo partito populista e per prendere le misure necessarie per combatterlo. Bastava vedere lo score di Marine Le Pen durante le presidenziali del 2012. Ma si è scelto di restare fermo ed aspettare, trovandosi adesso in pieno allarme e gridando disperazione. Non bisogna sorprendersi del discreto successo del FN alle amministrative e di quello che sarà alle europee, lì si che ci sara da preoccuparsi. Non bisogna sorprendersi dell’antieuropeismo (che cos’è l’europeismo?)francese. Ormai non bisogna più sorprendersi neppure della palude europea, sempre più puzzolente nel suo seccarsi.

 

 

Così è ( se vi pare)

Il venerdì 21 marzo 2014 sarà ricordato come una delle date più importanti della politica francese degli ultimi tempi. Dopo quasi due anni di silenzio assordante, l’ex presidente Nicolas Sarkozy irrompe direttamente sulla scena politica. Dalle pagine del quotidiano “Le Figaro” (sempre schierato da quella destra moderata, non sempre favorevole Sarkozy, specialmente nelle ultime elezioni) l’ex presidente lancia un’invettiva brutale nei confronti della magistratura francese e delle istituzioni della repubblica Francese.  “Quello che voglio dire ai francesi” è il nome del discorso pubblicato sulle pagine de Le Figaro e si può anche leggere integralmente sulla pagina facebook di Sarkozy.

Dopo aver fatto una disamina veloce del periodo attuale, Sarkozy sferra un attacco frontale alla magistratura e a certi media, senza tanti giri di parole. “Anche oggi, tutti quelli che mi vogliono chiamare al telefono devono sapere che saranno ascoltati. Avete capito bene. Non si tratta di un estratto del bellissimo film “la vita degli altri” sulla germania dell’est et le attività della stasi. Non si tratta di qualche manovra di qualche dittatore nel mondo contro i suoi oppositori. Si tratta della Francia.”

Da quando ha perso le elezioni presidenziali del Maggio 2012, Nicolas Sarkozy era sparito fisicamente dalla scena politica reale. Non era mai apparso in televisione e no ha mai rilasciato delle dichiarazioni o commenti su tutto quello che è successo dal fatidico 6 maggio di due anni fà. Eppure ci sarebbero tanti fatti da discutere sulla Francia su altri argomenti (a cominciare dall’austerity europea iniziata con l’avvallo del binomio Merkel – Sarkozy). Ci sarebbe anche il partito UMP, fondato dallo stesso Sarkozy, che si trova in una crisi di rappresentazione dovuta fondamentalmente alla faida interna Fillon – Copé.

Sarkozy è stato l’uomo della rottura. Quello che rompeva con i cannoni classici e conservativi della politica francese, l’uomo nuovo, della nuova comunicazione politica, l’uomo del marketing politico (tutti termini sconosciuti o ripudiati in Francia prima del 2006). Anche se l’esposizione mediatica è svanita, nell’opinione pubblica francese la figura di Sarkozy  è mitizzata, tant’è che vedere Sarkozy nel concerto di sua moglie diventa una apparizione ufficiale e un passo verso il rientro in politica. E’ vero che le “apparizioni di Sarkozy” nei concerti di Carla Bruni sono diventate sempre più numerosi così come gli off [1], però questa volta si tratta di un vero ritorno. Ma perché questo nascondersi?

 I dolori del giovane Sarkò.

       Dopo la disfatta del 6 Maggio, Sarkozy dichiarò di ritirarsi dall’attività politica dedicandosi al suo vecchio mestiere di avvocato nel suo feudo Neuilly sur Seine. E’ prassi che un presidente della Quinta Repubblica si ritiri dalla vita politica dopo una disfatta alle presidenziali. E’ successo con tutti i presidenti che erano in carica prima di ogni elezioni di ritirarsi dopo la sconfitta. L’unico obbligo per un presidente uscente è di far parte del consiglio costituzionale.

Tuttavia, la sparizione immediata dalle scene di una giovane figura carismatica, come quella di Sarkozy, ha lasciato delle perplessità nell’opinione pubblica. Neanche il tempo di concedersi una vacanza, l’ex presidente si trova indagato in una vicenda che tratta in ballo addirittura il colonello Gheddafi. Sarkozy è accusato di aver ricevuto verso la fine del suo mandato di ministro degli interni dei versamenti occulti dalla Libia di Gheddafi per finanziare la sua campagna elettorale del 2007. I finanziamenti arrivavano a Sarkozy mediante l’aiuto di un uomo d’affari franco-libanese Ziad Takkiedine e di un collaboratore e futuro ministro degli interni durante il quinquennio di Sarkozy, Claude Guéant. Un altro affaire molto sentito che coinvolge direttamente Sarkozy è la vicenda Bettancourt. Nicolas Sarkozy e altri esponenti dell’UMP, secondo l’accusa, avrebbero convinto Liliane Bettancourt, l’ereditiera della l’Oreal, a versare delle somme ingenti di denaro per finanziare la campagna elettorale del 2007. L’inchiesta è stata aperta nel 2010 ma fu archiviata per essere riaperta nel 2012 dal tribunale di Bordeaux. Ci sono altre inchieste aperte contro Sarkozy, come quella di aver fatto pressione sul suo ministro del tesoro Christine Lagarde in una procedura di arbitrato andata poi a favore dell’uomo d’affari francese Bernard Tapie, vicino a Sarkozy.

Il marsigliese Bernard Tapie è stato a cavallo degli anni ’80 e ’90 un personaggio molto picaresco del mondo politico francese. Nasce come grande imprenditore e cerca in ogni modo  di sfondare anche in politica, prima a sinistra poi a destra. Acquista anche l’Olympique Marsiglia e lo fa diventare 4 volte campione della Francia rivaleggiando a l’epoca contro l’invincibile Milan di Cappello ( battuto in finale della coppa campioni nel ‘93) del cavaliere Silvio Berlusconi. Un po’ per la sua sfacciatezza, irruenza, ricchezza e problemi giudiziari Bernard Tapie è spesso paragonato a Berlusconi nel paese d’oltralpe. Però un nuovo Berlusconi pare stia per nascere in Francia. Non è più Bernard Tapie ma il suo amico Nicolas Sarkozy.

 Il sarkoscunismo e l’antisarkoscunismo.

La lettera di Sarkozy pubblicata sul Figaro ha creato subito delle reazioni forti sia a destra sia a sinistra dello schacchiere politico francese. Molti esponenti della sinistra hanno bollato come vittimista ingiustificato l’atteggiamento di Sarkozy. Il ministro del lavoro, Michel Sapin, intervenendo sulla questione ha dichiarato di vedere nell’atteggiamento di Sarkozy un ” un colpo di stato verbale contro le istituzioni alla Berlusconi”.

Ora, un po’ per la grandeur dei francesi nei confronti di tutto ciò che è esterno ai confini dell’esagono, (usiamo un francesismo per non usare un stereotipo contro gli transalpini)  un po’ per la fama all’estero che ha l’ex primo ministro italiano, dare del Berlusconi in Francia ad un politico è forse la più grande offesa che si possa usare. Buona parte dell“opinione pubblica” francese ha già cominciato a fare una comparazione frettolosa tra Sarkozy e Berlusconi, vedendo nell’ex presidente della repubblica un Berlusconi francese. sarko berlusca

Una fitta schiera di sarkozisti di vecchia data si sono riuniti al grido disperato del loro vecchio capo (Henri Guaino).

Giornalisti di sinistra cominciano ad indicare una vicinanza tra Berlusconi e Sarkozy da molto tempo. In verità i due non si sono mai amati. Sappiamo che Sarkozy è stato uno degli avvocati di Berlusconi ai tempi della Tele 5 (l’unica scommessa sulla televisione persa da Berlusconi) e che l’ha trascurato definitivamente per cercare di stabilire un legame più forte con la Germania all’inizio della crisi della zona euro.  Opinionisti di destra che paragonano gli ultimi anni della politica francese con l’Italia del dopo ’92. Infatti per il politologo Thomas Guénolé, Hollande è una specie di Romano Prodi perché ha vinto le prime primarie pubbliche, il Fronte Nazionale all’AN per la sua capacità di cambiare target elettorale e gli scandali politici-giudiziarie all’inchiesta “mani pulite”.

E’ vero ci sono delle analogie ma si tratta di analogie esteriori, di superficie. Senza criticare il pensiero di Guénolé possiamo solo dire che Sarkozy non è mai stato condannato in nessun grado. Al momento è stato assolto dalla corte d’appello di Bordeaux per quanto riguarda la vicenda Bettancourt. Certamente, Nicolas Sarkozy con il suo intervento, ha avuto senza dubbio un atteggiamento simile al Berlusconi degli ultimi anni ma non ha mai usato tutto l’apparato mediatico che un Berlusconi può utilizzare. Non ha mai rifiutato le decisioni di un giudice, non essendo mai stato giudicato. Denuncia un’aggressività della magistratura nei confronti della sua figura ma non la mette in discussione. Non ha mai parlato di persecuzione nei suoi confronti e se lo ha fatto è stato in modo indiretto e molto più « elegante » di un video girato nel suo ufficio e distribuito in tutte le tv.

Il Berlusconismo è stato e lo è un movimento che per molti motivi, che sarebbero interessanti  da sviluppare, ha luogo solo in Italia.  Nicolas Sarkozy, per il solo modo d’imporsi nell’opinione pubblica francese (essenzialmente presenza constante nei mass media) è diventato una novità assoluta nella vecchia repubblica francese, la quale si era abituata benissimo ai modi di Mitterrand di concepire la politica. Non vi è mai stato in Francia un imprenditore capace di vincere le elezioni con i mezzi della comunicazione e i mezzi finanziari di Berlusconi. La Francia conservatrice ha accettato Sarkozy ma lo ha liquidato molto velocemente. In Italia Berlusconi fa il buono e il cattivo tempo da 20 anni. Fare del sarkozismo un berlusconismo è semplicemente comodo per quelli che producono opinione pubblica. Quelli che la costruiscono tramite sondaggi (chi è quel sondaggista che non poserà ai francesi la questione se gradiscono il ritorno di Sarkò in politica?), ci sono anche quelli che la dividono come succede in questo caso.

A 48 ore dalle elezioni amministrative in Francia (domenica si vota in quasi tutta la Francia per scegliere i nuovi sindaci), l’intervento di Sarkozy è facile da interpretare. Inoltre è un passo decisivo verso un suo rientro in politica per candidarsi alle presidenziali dell 2018. Al momento non si sa come, ma scommettere adesso sulla sua candidatura non corrisponde necessariamente ad una grande vincita.

  


[1] Off in francese è un termine che nel linguaggio giornalistico significa una confessione di qualcuno d’importante (soprattutto un politico) ad un giornalista, una soffiata.

Ce n’est pas marrant d’être intelligent en Italie.

Après 295 jours Enrico Letta a démissionné suite à la excommunication venue directement par le leader de son parti Matteo Renzi. L’ ancien maire de Florence et secrétaire du Parti Démocrate, élu grâce aux primaires du décembre dernière, n’a pas su cacher son ambition de devenir premier ministre. Le président de la République Giorgio Napolitano a commencé les consultations avec les acteurs politiques parlementaires avant de charger Matteo Renzi à former le nouveau ministère. Aujourd’hui Renzi a accepté de former un nouveau gouvernement. Dans les prochaines jours il presentera un nouveau gouvernment aux chambres du parlement.

Avec l’aval de la direction du parti, Matteo Renzi a réussi à « mettre en casse » un gouvernement formé par une majorité dominé par le PD  plus les centristes et le nouveau centre droite de Angelino Alfano pour proposer un autre gouvernement avec la même majorité parlementaire. De plus, il s’agit d’un gouvernement de coalition et il est très probable que des membres maintient leurs postes, surtout les alliés comme Alfano ou les centristes de Mario Monti.

La nouveauté de Renzi est lui même et sa façon directe de dire les choses. Il va introduire quelque nouveau gros industriel et quelque noms de la politique (Prodi ?).  Les nouveautés apportées à la politique italienne elles s’arrêtent ici. ( biensur on peut parler de la communication politique de Renzi mais cela une autre fois).

Il est temps de s’occuper de la tradition de la politique italienne, qui a remonté en surface ces dernières semaines et que même Matteo Renzi n’a pas pu (ou voulu) effacer.

Tout d’abord la crise de représentation en Italie. La question est devenue plus que étonnante. Depuis 1992 l’Italie a eu 9 premières ministres et seulement 2 ( Berlusconi 94 et 2001, 2008) ( Prodi 96 et 2006) ont reçu une légitimation populaire c’est-à-dire élu directement pour le poste par le biais des élections. Dalema, Amato, Ciampi, Dini, Monti, Letta, Renzi n’ont jamais proposé leur candidature au peuple souveraine. La légitimation de Matteo Renzi pour pretendre d’etre la figure plus importante de la scene politique italienne correspond à 2 millions de voies, reçues aux derniers primaires du Parti Démocrate.

Ensuite le figure de Silvio Berlusconi, toujours present dans la politique italienne.

« Je ne veux pas le mettre au prison mais à la retraite » déclarait le challenger de Bersani lors des primaires du Parti Démocrate en 2013. L’invitation de Renzi à Berlusconi pour discuter la nouvelle loi électorale a été accueillie avec enthousiasme par les medias et avec beaucoup de critiques par la gauche et les populistes de Grillo. « Il doit etre au prison ou dans des sorvices sociaux controlés par la justice italienne » – declarent les grillinis.

La sympathie réciproque entre Renzi et Berlusconi, presque historique, est devenue réelle en janvier. « L’Italicum », le nouveau système électorale proposé par les deux leaders est la réponse à cette crise de représentation. Mais il s’agit que d’une proposition, elle n’est pas concrète.  Même si la proposition se trouve dans les couloirs parlementaires depuis un mois on évitera de parler de cela parce que, on repete, elle est pas concrète. Mais on peut dire avec certitude que la base de cette loi n’efface pas encore la crise de représentation en Italie.

L’article semble une inventive contre Matteo Renzi. Nous ne sommes pas des détracteurs de Matteo Renzi.  Renzi peut être conçu comme un nouvel pari (risqué) dans un monde politique vieux. D’ailleurs, la façon avec laquelle il a viré Enrico Letta rassemble beaucoup aux manières de la Démocratie chrétienne (DC). Il est nécéssaire rappeler que les deux antagonistes du parti démocrate sont les produits de la dernière saison politique de la DC.     Immagine

Il est arrogant, direct, ambitieux, jeun, bordelière, charmant, gauche. Toutes ces caractéristiques devraient être intégrées par un acteur politique.

Il est aussi banal. Très banal. Autant que l’opinion publique italienne.

Mais quoi penser lorsque, un condamné[1] comme Berlusconi est invité par Napolitano lors des consultations pour le nouveau gouvernment? Il reste la figure plus importante de l’opposition cela est indiscutable. Mais ce geste a dementi la justice italienne. Qu’est -ce qu’il fait un homme condmané chez le chef de l’Etat? D’ailleurs un editiorialiste connu en italie, Alain Friedman, vient juste de publier un livre où racconte une sorte de complicité de Napolitano dans les dimmissions de Berlusconi en Octobre 2012. En gros, Giorgio Napolitano avait déjà decidé en été 2012 de nommer Monti comme premier ministre après Berlusconi. Intrigant mais pas important.

Il était peut etre plus raisonnable faire une nouvelle loi électorale (il faut un mois  du travail parlementaire s’il y a la volonté politique) et refaire des nouvelles élections avec un nouveau parlement qui puisse produire une nouvelle saison parlementaire.

P.S Vers la fin Janvier le groupe Exor, qui contrôle Fiat, a annoncé le changement de siège de la fabrique italienne. Désormais, Il n’est plus Turin mais Amsterdam. La plus grande marque italienne quitte l’Italie mais le jour après le débat était déjà archivé. Comme disait Freak Antoni (leader historique du groupe Skiantos décédé le 13 fevrier) « Ce n’est pas marrant d’être intelligent en Italie »


[1] Un an de prison pour evasion fiscal.

A QUANDO UNA NUOVA RIVOLUZIONE?

Il 6 Febbraio la senatrice dei verdi Esther Benbassa ha presentato alla camera alta un progetto di legge che legalizza l’uso della cannabis in Francia. La senatrice ecologista, che in materia di leggi sociali e molto attiva (vedi la proposta per togliere il sesso nei documenti officiali), ha depositato il disegno legge alla fine di gennaio e spera che l’iter parlamentare sia coinvolgente ed efficace. La discussione è prevista per la prossima settimana.

Il disegno di legge prevede che la vendita al dettaglio sia controllata dallo Stato. Appartiene allo Stato il compito di scegliere la quantità da mettere in commercio in pacchetti, dove come per il tabacco, verranno esposti gli avvertimenti soliti per proteggere la salute e la quantità di (tetraidrocannabinolo) THC  presenti nella confezione. Il progetto di legge prevede anche il divieto della vendita ai minori, il divieto di fumare la marijuana in luoghi pubblici e ovviamente vieta ogni altro tipo di vendita differente da quella dello statale (si presume la classica tabaccheria). Inoltre è vietata la pubblicità diretta o indiretta della cannabis.

In un primo luogo sembra una legge utopica e poco realizzabile e non solo per il tema tabù della legge. La produzione della cannabis deve essere francese (campi di marijuana in tutta la Francia?). Tuttavia la senatrice ecologista non cammina tra le nuvole: “ Siamo il paese che reprime di più e nello stesso tempo la consumazione aumenta..[…] bisogna essere pragmatici e vedere cosa succede se liberalizziamo la cannabis – dichiara Benbassa in un intervista al “Nouvel Observateur” . La senatrice si augura che la proposizione serva per aprire il dibattito su questo soggetto che non si può più ne reprimere ne nascondere. marijuana france

Secondo un rapporto del centro del monitoraggio europeo delle droghe e dei tossicodipendenti uscito nel maggio dello scorso anno, la Francia risulta il paese con più consumatori di marijuana in Europa. Secondo questo rapporto, circa 1.2 milioni di francesi fumano almeno dieci canne al mese ed un francese su cinque ha fumato almeno un spinello in vita sua.

La lotta contro il traffico della cannabis costa allo stato francese più di un miliardo di euro e l’industria del traffico delle « droghe leggere » ha dei numeri da economia di scala ma anche cifre da fa west. A Marsiglia, che viene considerata la capitale dello spaccio in Francia, sono già quattro gli omicidi soltanto nel mese di gennaio per regolamento di conti tra trafficanti. Lo scopo della legge è proprio combattere tutto ciò.

La moda questa volta è venuta dalle Americhe, prima l’Uruguay e dopo gli stati del Colorado e del Washington negli USA.

Anche la rivoluzione francese fu preceduta da quella americana.

Le polpette ingeribili della società francese.

Gli ultimi giorni del 2013 in Francia hanno visto il gonfiarsi di una polemica di carattere socio politico che la possiamo collocarla tra il ridicolo e il serio. Visto la posizione di partenza possiamo scommetterci che sarà durevole e dunque di buona prospettiva.  Ma veniamo ai fatti.

Sabato pomeriggio, durante il match West Bromwich Albion – West Ham, l’attaccante della squadra ospitante Nicolas Anelka, dopo aver segnato il gol del pareggio fa un gesto strano e di primo impatto, volgare. Il nazionale francese ed ex Juventus, allunga il braccio destro verso il basso e poggia la mano sinistra sulla spalla destra. Un italiano medio e non solo, dopo averlo visto, lo tradurrebbe con: “ve l’ho messo nel culo!” oppure “c’è l’ho grande così!” – dipende dal punto di vista…

In verità si tratta della quenelle. Un gesto che è giudicato antisemita per alcune persone e personalità della Francia. Il ministro dello sport Valérie Fourneyron ha subito definito il gesto disgustoso. La precedente ministra dello sport Jouanno non ha esitato molto nell’accusare il giocatore di essere un nazista e antisemita poiché quel gesto rappresenta il saluto fascista al contrario. In un primo momento, non sembra niente di straordinario, anche se la Federazione inglese potrebbe sospendere il giocatore per cinque giornate. Polemiche del genere con giocatori che fanno saluti nazisti non sono una novità nel panorama europeo, Paolo di Canio docet. Però il gesto di Anelka non era un semplice saluto nazista con la mano su, assomiglia veramente poco al gesto di saluto di Hitler. Il calciatore ovviamente subito dopo ha dichiarato di non essere antisemita né nazista ma che il suo gesto era solo un omaggio al suo comico preferito Dieudonné.

La Bestia Nera dei francesi.

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Il comico Diuedonné Mbalà Mbalà mentre fà una quenelle.

Dieudonné M’bala M’bala, è un comico francese che potremmo definire da cabaret o più comunemente da Zelig, che ebbe un discreto successo verso la fine degli anni ’90 e una popolarità straordinaria raggiunta alla fine del 2005 quando, durante una trasmissione televisiva, improvvisa un ebreo ultra ortodosso in passamontagna che incita i telespettatori ad unirsi “all’asse del bene, all’asse americano sionista” e grida Israheil invece di Israel. La polemica è servita, ma in verità si tratta di un continuum del comico francese. Durante i suoi one man show nel suo teatro parigino o altrove, il comico francese di padre camerunense, non perde l’occasione per lanciare invettive contro le lobby sioniste presenti in Francia e nel mondo, accusandole di migliaia misfatti storici e contemporanei come la tratta degli schiavi negli Stati Uniti oppure la guerra contro il terrorismo dopo gli attentati dell’11 settembre. Spesso si diletta a fare anche dei doppi sensi sulle camere a gas e sulla shoah, che per lui è un pretesto utilizzato dai sionisti.

Il comportamento del comico ha suscitato l’ira di molte associazioni, politici, intellettuali e media. Ma l’altra parte della medaglia vede un comico che è popolarissimo non solo a teatro ma anche nel web. Non solo per la sua verve comica, ma anche o forse soprattutto per il suo tema ricorrente contro il sionismo.  Tuttavia, solo per una piccolissima parte dell’opinione pubblica Dieudonné è un graffiante comico e non un antisemita.

La “quenelle” prima del fenomeno Dieudonné era un piatto tradizionale della cucina francese, cioè delle polpette in forno spesso di pesce. Ora è diventato un gesto controverso che indica, a seconda dei punti di vista: un identificazione con il messaggio di Dieudonné oppure un insulto nazista per i suoi detrattori. Eppure lui non si è mai dichiarato tale essendo figlio di schiavi e si difende dicendo di fare solo della comicità e satira. Bisogna anche aggiungere che il gesto di Dieudonné in principio non fosse legato al tema sionista trattata nei suoi sketch, ma ne è diventata con il protrarsi della vicenda. Lui stesso lo utilizzo per fini elettorali presentando una lista alle europee del 2009. Il partito antisionista coinvolgeva non solo Dieudonné ma anche negazionisti come Alain Soral e attirando le simpatie del Fronte Nazionale scomodando lo stesso Le Pen a vedere gli spettacoli del comico controverso.

Ora, sulle preferenze politiche[1] e sui propositi sinistri di Dieudonné così come sulla sua comicità in generale c’è da discutere e la Francia intera lo sta facendo ma in maniera confusa e forse frettolosa bollando il comico e i suoi fans come dei neo nazisti, antisemiti, razzisti e altri epiteti poco gradevoli ma utili a fini promozionali per il comico e qualche forza politica (FN), questo è impossibile negarlo.

Cosa fa la Repubblica?

Da anni oramai Dieudonné non può esibirsi in molte città, perché le autorità locali lo impediscono. Un caso noto è quello del sindaco di Nizza, Christian Estrosi, che nell’Ottobre del 2012 dichiarò che avrebbe fatto tutto per non permettere ad un uomo con propositi antisemiti di fare uno show nella sua città. Per ovvi motivi  in televisione o media generalisti Dieudonné appare solo quando la polemica risale. Proprio ciò che è avvenuto la scorsa settimana ma questa volta la polemica è diventata un “affaire”. Dieudonné è diventato una persona non grata al punto che il ministro degli interni Manuel Valls ha promesso che seguirà tutte le vie legali e giuridiche per impedire gli spettacoli del comico, un pensiero condiviso dalla destra e dalla sinistra repubblicana e ovviamente appoggiato dal capo dello Stato, François Hollande. Però in una repubblica democratica impedire uno spettacolo teatrale à priori significa impedire la libertà d’espressione. Rimane una missione impossibile sia per motivi giuridici sia per principio. Addirittura un deputato centrista nelle ultime ore ha proposto di proibire per legge il gesto della quenelle. Forse sconvolto da persone come Alain Sora che esibisce il gesto ad Auschwitz.

L’affaire della quenelle sembra risvegliare l’affaire Dreyfus o tutte quelle vicende simili storiche o recenti della storia del paese d’oltralpe. Ultimamente il dibattito sul velo nei luoghi pubblici e nelle scuole è ritornato nelle aule parlamentari, anche se sembrava risolta con la legge del 2005. Da un campo all’altro della politica francese si gettano accuse e critiche su queste leggi che sembrano non aver raggiunto gli obiettivi preposti perché il comunitarismo in Francia non è sparito. Basta uno sketch scadente e un comico in cerca di popolarità a far venire a galla delle divisioni religiose, comunitariste e accuse antisemite.

La repubblica francese ha sempre cercato di combattere questi fenomeni della Francia moderna, multiculturale, multi religiosa e storica terra con un’importante presenza ebraica. Ma l’antidoto scelto dalla repubblica francese non funziona.

L’antisemitismo e il razzismo in Francia sembrano due funghi velenosi, ricoperti velocemente di terra umida dalle leggi repubblicane francesi e  basta solo un po’ d’acqua per farli rispuntare in superficie.


[1] Nel ’98 si candido con il PS a Dreux come sindaco.

La fin de la commedia dell’arte dans la politique italienne.

masque-de-venise-commedia-dell-arte-pierrot-1465La  Cour Constitutionnelle Italienne  a accepté le recours public (inspiré par une pétition signée par 400 000 personnes)  sur la validité constitutionnelle du système électorale en Italie.

Le 4 décembre, le porcellum a été déclaré inconstitutionnel par la Cour Constitutionnelle dans la mesure où la loi ne permet pas aux électeurs d’exprimer ses préférences. De plus, les primes de majorité, envisagés par ce système électorale, sont jugés par  la plus haute instance juridique italienne non démocratiques.

c.f https://actualitepolitiquefranceitalie.wordpress.com/2013/02/11/le-systeme-electoral-italien-une-cochonnerie/

Et maintenant ?

Nous ne sommes pas des experts juridiques mais l’article 136 de la constitution italienne  explique que toute norme, déclarée inconstitutionnelle, cesse d’être effective le lendemain.

Alors faisons deux calcules? Si la norme est inconstitutionnelle, son produit est aussi inconstitutionnel, c’est-à-dire  que les 915 députes et sénateurs italiens élus en février 2013 siègent de manière illégitime dans les chambres parlementaires italiennes. Et si on veut aller plus loin, l’élection du chef de l’Etat est aussi illégale, étant votée par des representants  élus avec une norme inconstitutionnelle. Il s’agit de calcules faites par une large opinion publique italienne qui se reveille maintenant ou peut-être elle ignorait le sujet précedement.

La question qui se pose après cette declaration attendue de la Cour est simple. Fallait-il attendre la déclaration de la Cour, qui délégitime toute la politique et les acteurs politiques  en Italie depuis 2006 pour changer ?

La situation socio politique est plus que bouillante en ces moments. Tous les jours il se succèdent des manifestations et des protestes dans les rues de l’Italie. La comparaison avec la Greece, évitée par tous, semble désormais inéluctable.

De l’autre côté, si Beppe Grillo espace entre un populisme antique et un squadrismo moderne, Giorgio Napolitano a déclaré que le parlement va continuer son travail et il n’y aura pas des nouvelles élections et le gouvernment continuera son travail.

Ce qu’ on est en train de vivre en Italie c’est la morte agonisante d’une classe politique, par intermitences, avec des scènes grotesques.

Pour que tout reste comme avant il faut que tout change.

 

Je ne me suis pas permis d’écrire sur l’exclusion du Senat de Silvio Berlusconi parce que j’avoue je ne savais quoi autre ajouter. Parler de son biographie il n’y a pas de sens. On connait désormais tous ce qu’ il Cavaliere a fait et tous ce qu’il n’a pas fait. On sait aussi que sa popularité (dans le sens plus large du terme qu’existe) ne cessera jamais, même après sa disparition physique de la scène politique.

Politiquement, si on considère les scores de ses partis (Forza Italia , peuple de la liberté et forza Italia 2) Silvio Berlusconi n’a jamais atteinte plus de 30% des voix en Italie.

On peut parler des divisions au sein de la droite entre les supporteurs du gouvernement (le ministre de l’Intérieur Alfano et les 32 députés) et ceux que ce sont déclarés contraire et qu’ils sont passé à l’opposition en se plaçant dans le Forza Italia 2, une marque crée par Berlusconi en ’94 et reprise dernièrement. Je utilise le mot marque sans la moindre ironie  parce que je ne sais pas définir Forza Italia d’aujourd’hui comment un parti. D’ailleurs il n’a  été conçu comme tel. Mais cela c’est de la politique courante et je dirai plutôt banale.

Il faut plutôt comprendre le sens de cette scission de Angelino Alfano, l’actuel ministre il y a 10 mois il était désigné le dauphin de Berlusconi. Aujourd’hui il est « le traitre » qui a abandonné le président juste pour un poste dans un gouvernement de grosse koalition, dont personne l’a voulu mais tous y se trouvent bien et tout le monde souhaite (malgré tout ?) que sa vie continue puisque son but est noble, soit sauver l’Italie de la crise. Par ailleurs, la commission européenne le soutien aussi, en espérant que l’Italie trouvera le chemin pour atteindre la croissance.

Il ne faut pas être sortie de London School of Economics pour comprendre que la crise italienne n’est pas due seulement à la crise de la dette souveraine. Depuis vingt cinq – ans l’Italie fait un pas avant et deux derrière. Le gouvernement Leta apparait de jour en jour plus confus et moins fort dans les chambres du parlement après la sortie de Berlusconi de la majorité. Qui a pensé que le gouvernement en question pouvait sauver l’Italie est très optimiste de nature. On se retrouve avec un gouvernement qui doit toujours faire face aux menaces de la droite et de la gauche ; à la monté constante du populisme du Mouvement 5 étoiles ; un gouvernement que n’a jamais exposé un minimum de programme pour faire sortir l’Italie de la crise (on continue la même politique de rigueur commencé par Monti) bref un gouvernement inutile.

Le ministère Leta a échoué l’ occasion de mettre les bases pour changer des structures de la société, de la politique et de l’économie italienne. Le gouvernement avait toutes les capacités pour changer la loi électorale (la semaine dernière le juge constitutionnel a déclaré la loi inconstitutionnelle), la bicaméralisme paritaire et le rôle marginal du premier ministre, la taxation excessive du travail et la reforme de collectivités territoriales.

Rien de cela n’a été fait !

 

 

30 anni di lotta contro il razzismo in Francia!

E’ uscito ieri (mercoledi 27 Novembre NdR) nelle sale francesi il film La marche (la marcia) diretto da Nabil Ben Yadir.  Il lungometraggio racconta la storia della marcia di 100 000 persone, partiti da Marsiglia il 15 Ottobre 1983 ed arrivati  a Parigi il 3 Dicembre.

« La marcia per l’eguaglianza e contro il razzismo », chiamata dai media dell’epoca la marche des beurs (beur è un termine verlan che in modo dispregiativo indica una persona di origine araba) è una iniziativa personale presa da alcuni giovani di Venissieux, sobborgo lionese colpito in quell’autunno da attacchi violenti a sfondo razzista contro delle persone di origini maghrebine. Spesso questi attacchi erano causati dalle forze dell’ordine.

La marcia, ispirata da quella di M.L. King parte dal quartiere dove avvengono gli scontri  e guidata dalle vittime di quei giorni come Toumi Djaïda  giunge  a Marsiglia, per poi risalire fino a Parigi.

Alle porte della capitale ci sono circa 100 000 persone, giovani maghrebini e in generale figli della seconda ondata dell’immigrazione ex coloniale, accompagnati da qualche francese ed appoggiati dalla sinistra estrema. Quello che chiedono è la fine del vento di razzismo che attraversava la Francia, un maggior rispetto ed eguaglianza per quella generazione oramai nata e cresciuta in Francia. Rivendicano anche delle questioni pratiche di fronte a Mitterrand che li fa entrare nell’Eliseo e li ascolta. Si tratta del permesso di soggiorno di 10 anni e del voto agli stranieri, ma ottengono solo la prima.

François Mitterrand capisce la situazione, ospita gli organizzatori e promette di intraprendere una serie di riforme per rispondere alle rivendicazioni dei giovani discriminati delle banlieus francesi. Inoltre la volpe politica Mitterrand cerca di canalizzare il movimento. Infatti poco dopo nasce, con il bene placido del presidente, l’associazione di SOS racisme, guidata dal giovane Harlem Dèsir, oggi segretario del PS.

Per la prima volta gli stranieri in Francia alzavano la voce, qualcuno dice che quella voce che gridava libertà ed eguaglianza e che combatteva contro il razzismo fu “attenuata” troppo presto con la creazione della associazione SOS racisme (molto vicino al partito socialista) che incanalizzando il movimento lo ha reso un semplice strumento politico, dimenticando i principi nobili che quella marcia voleva mettere in pratica.

La settimana che ha preceduto l’uscita del film è stata un’occasione per rilanciare il dibattito pubblico sulla questione del razzismo in Francia. Dopo 30 anni esatti dalla marcia degli arabi, la Francia è ancora un paese razzista? Ci sono ancora della discriminazione sulla popolazione straniera o di origine straniera nel paese dei diritti dell’uomo? Sono le questioni che infiammano l’opinione pubblica francese, anche se poste da un comico di successo come Jamel Debouzze possono sembrare un po’ meno serie.

 

la mitica marcia arriva a Parigi

la mitica marcia arriva a Parigi

Oggigiorno in Francia il 6% della popolazione è straniera.L’immigrazione maghrebina e quella coloniale in generale è arrivata alla terza generazione e ci sono tutt’ora dei flussi migratori considerevoli da questi paesi.       

La popolazione transalpina può essere considerata una specie di melting pot europea poiché7 persone su 10 hanno una direttamente o indirettamente una origine straniera. Ma questo non eclissa il problema del razzismo in Francia.

Stiamo utilizzando un termine forte e delicato come il razzismo ma se vogliamo essere contemporanei, dovremmo accostarli anche le parole come discriminazione o xenofobia.  

 

In un sondaggio di Le monde d’inizio anno il 70% dei francesi pensa che ci siano troppi stranieri in Francia. Il Fronte Nazionale, oltre ad utilizzare l’arma contemporanea (l’anti europeismo) non dimentica la sua lotta eterna contro l’immigrazione e gli stranieri. Pur utilizzando un velo per coprire le sue idee razziste e xenofobe, anche se a tratti molto trasparente, il partito di estrema destra rischia di fare l’ exploit alle europee del 2014. La questione dell’integrazione, della xenofobia, del razzismo etc.. rimbalza a intervalli ciclici regolari in Francia. 

 

La legge contro il porto degli oggetti religiosi in luoghi pubblici, conosciuta al mondo come la legge contro il velo islamico nelle scuole è stato un precursore sul tema. Ricordiamo anche la legge contro il velo integrale votata nel 2011.   

Senza dimenticare il lungo dibattito sull’identità nazionale, nato appunto negli anni ‘80 in contemporanea con i movimenti contro il razzismo e ripreso nell’ultimo decennio durante molte campagne elettorali.

 

Dopo il 1983, gli stranieri in Francia hanno alzato la voce e si sono fatti sentire. La Francia resta un grande paese tollerante non solo nei confronti degli stranieri ma nei confronti di tutti gli “emarginati” della società. (vedi le leggi recenti sul matrimonio omossessuale e l’adozione). Però il dibattito sul razzismo resta vivo e mostra che la questione è irrisolta. Forse la marcia degli arabi doveva continuare ancora un po’…

RITORNO AL BLOG/ RETOUR AU BLOG

IL BLOG E’ STATO ABBANDONATO PER MOTIVI PERSONALI E SCOLASTICI. INFATTI SI STRATTAVA DI UN BLOG FATTO NELL’AMBITO DEI MIEI STUDI IN RELAZIONI FRANCO ITALIANE. MA ADESSO CHE L’ANNO ACCADEMICO E’ FINITO ( SPERO BENE 🙂 )PROVERO’ A RIPRENDERE A SCRIVERE SULL’ATTUALITA’ POLITICA MA ANCHE DI SOCIETA’, ECONOMIA E PERCHE’ NON? DI CALCIO! TANTO IL BLOG E’ SEMPRE STATO MIO! – A PARTE I SCHERZI SI TRATTA DI CONTINUARE A SCRIVERE DI QUELLO CHE MI INTERESSA, MAGARI NON REGOLARMENTE ED ESSENDO MENO PEDAGOGICO (L’UNICA OBBLIGAZIONE DATAMI DAL MIO RESPONSABILE DEL MASTER E PENSO SIA STATA RISPETTATA IN GRAN PARTE). OVVIAMENTE SI CONTINUERA’ A SCRIVERE IN FRANCESE PER I TEMI ITALIANI E IN ITALIANO PER I TEMI FRANCESI, CON TUTTI I PICCOLI ERRORI LINGUISTICI CHE POSSONO ARRIVARE DA QUALCUNO CHE E’ DI UNA DIVERSA MADRELINGUA! BUONA CONTINUAZIONE!!

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Le blog a été abandonné pour longtemps pour des questions personnelles et académiques. D’ailleurs en principe le blog à été conçue come une épreuve scolaire dans le cadre du master 2 relations franco –italiennes de l’Université de Nice. Maintenant que le master est terminé (j’espère bien quand même) j’ai décidé de reprendre à écrire, je ne sais pas si souvent. J’écrirai non seulement sur l’actualité politique mais aussi sur la société, l’économie et pourquoi pas le foot ?? Blagues à part, il s’agit de écrire tout ce que je trouve intéressant en France et en Italie, étant cette fois-ci moins pédagogique (d’ailleurs c’était la seule consigne académique que je devais respecter) et plus libre en général. Comme toujours les sujets italiens seront traités en français et les sujets français en italien. Bien évidemment avec des petits erreurs que arrivent de quelqu’un qui n’est ni français ni italien. Bonne continuation !!!

Hollande, cosa resta di quei bei giorni?

Il 15 maggio del 2012 François Hollande prendeva de facto il potere e diventava il settimo presidente della V repubblica francese. Oggi, ad un anno esatto dalla sua vittoria il giudizio che regna sull’ ex segretario del partito socialista francese è tutt’altro che positivo. L’opinione pubblica, per quanto essa sia inessenziale, aumenta il dissenso dei francesi nel presidente che una anno fa prometteva nello stesso tempo cambiamento (changement) e unione tra i francesi  (ressemblement). Il presidente Hollande appare sempre di più negli occhi dei francesi un pacioccone[1], che non si rende conto dell’importanza della sua funziona restando immobile, incapace di prendere decisioni e che spera di risolvere tutto con una battuta(il signor scherzetto)[2].

Il pessimismo antropologico dei francesi nei momenti di difficoltà non può spiegare l’impopolarità di Hollande. Il politologo  Pascal Perrinau, specializzato oramai più nei sondaggi che nel studiare la politica, ci propone una tesi nella quale si riprendente una visione popolare che vedi i francesi votare a sinistra solo quando tutto va male. Politicamente, la Francia è la patria di una destra moderata e patriotica nel suo genere unica ma anche di una sinistra che più socialdemocratica e una sinistra formata da notabili. Ma il gaullismo e il socialismo francese  sono stati preceduti nella storia francese da una destra estrema e nazionalista  et dal trotzkismo. Quindi parlare dei francesi che sono semplicemente destra è riduttivo.

Il trionfo del 6 Maggio e le promesse di cambiamento di Hollande sembravano le premesse per una nuova epoca di speranza per i francesi, un po’ stufi e un po’ delusi dalla mancata “rottura” col passato di Sarkozy. Recentemente un documentario molto interessante raccoglie delle testimonianze, dove si suppone che la destra francese, delusa dal comportamento di Sarkozy, non abbia mobilitato tutte le sue  forze per far vincere il suo candidato.

Il miraggio del cambiamento.

Il presidente vincente e forte d’entusiasmo parte subito all’offensiva mettendo in pratica alcune promesse che accontentano il popolo della gauche; si tratta dell’imposta sui redditi superiori a 1 milione di euro e del matrimonio gay, anche se la legge sul matrimonio per tutti ha diviso la Francia in due. Altri impegni elettorali di Hollande, favorevoli  alla sua fazione politica si stanno mettendo all’opera o sono già stati votati, come la laicità a scuola o la fine del cumulo dei mandati, piuttosto difficile quest’ultima poiché si tratta di una pratica  quasi universale della politica francese.

Ma la preoccupazione per il nuovo presidente e anche il mezzo per raggiungere il “rassemblement” tra i francesi era ed è il lavoro e la crescita economica. La fiducia del popolo francese a Hollande era basata decisamente su questo punto.L’inizio del quinquennio di Hollande  prometteva una nuova ondata  di cambiamento non solo in Francia ma soprattutto in Europa.

La missione di Hollande nei primi mesi del suo mandato è quella di far situare la Francia in mezzo al nuovo progetto europeo basato sulla crescita economica e sulla coesione politica  e sociale tra i popoli europei. Il discorso del capo dell’Eliseo al parlamento europeo alla fine del 2012 e le sue riserve sul budget europeo, considerato troppo austero e contrario alla crescita economica dell’eurozona, sarebbe potuto passare per un momento rivoluzionario  di fronte ai partigiani della austerity europea, capeggiati dalla cancelliera Angela Merkel. L’intento di Hollande di dare all’Europa una nuova visione può essere considerato innovativo anche di fronte ad una frangia del partito socialista francese, spesso suscettibile di fronte all’Unione Europea, quella sinistra che rifiutò nel 2005 la Costituzione europea. Ma tutti i buoni propositi di Hollande svaniscono il giorno dopo.

Il nuovo bilancio, il più ristretto della storia della comunità europea, è approvato anche dalla Francia. Anche alla Francia, come agli altri paesi europei, gli viene  imposta una politica di rigore. Oltre all’austerità la Francia deve affrontare dei numeri della Francia allarmanti: la disoccupazione ha raggiunto un record storico a marzo 2013 del 12%, il deficit pubblico anche se abbassato da Hollande al 3,7% nel 2013 è ancora lontano dal fatidico 3% di Maastricht, infine l’aumento del debito pubblico (90.2 % nel 2013) e l’assenza di crescita (- 0,2% per il 2013) non donna tranquillità al socialista, la quale popolarità è ai minimi storici.

Il presidente Hollande, durante il suo giuramento lo scorso 15 Maggio

Il presidente Hollande, durante il suo giuramento lo scorso 15 Maggio

 I problemi all’interno.

Come se non bastassero i numeri tragici del paese d’oltralpe, la popolarità di Hollande è minacciata da un clima politico molto effervescente.

Nel mese di dicembre escono sul sito media-parte delle indiscrezioni su un conto illegale in Svizzera al nome del ministro delle finanze Jerome Cahuzac. Il ministro, dopo un’indagine, dimissiona ma rifiuta l’accusa proclamandosi innocente di fronte al parlamento, per poi ammettere la sua colpevolezza.

Per Hollande e per il partito socialista sembra un fulmine in un cielo già pieno di nuvole. Il presidente si distanzia e accusa Cahucaz di aver tradito il partito, la fiducia del presidente e dei francesi. Però la situazione è incandescente anche all’interno del partito socialista. Si comincia a parlare di cambiamenti al governo e dello stesso primo ministro Ayrault, giudicato anche lui  molto timido di fronte alle grandi responsabilità che deve assumere. Molti esponenti socialisti e anche ministri di primo rango come il ministro dell’industria Montebourg e il ministro dell’economia Pierre Moscovici cominciano a lanciare delle invettive esplicite contro la politica economica europea e contro il ruolo della Germania, colpevole di soffocare ogni tentativo di crescita dell’economia. Non è forse un caso che l’unico ministro ad avere una certa popolarità è il ministro dell’interno Manuel  Walls, potenziale candidato ad un ruolo di guida del governo, anche se è considerato da tutti un non-socialista.

Che fare?

François Hollande è nato e cresciuto politicamente nella quinta repubblica e checché se ne dica del suo immobilismo, ha cercato di ribadire la proprio autorità come hanno fatto tutti i suoi predecessori all’Eliseo con un intervento militare. L’intervento della Francia nel Mali, all’inizio del 2013, anche se arriva in un momento “propizio”  non va visto solo come un colpo di reni di Hollande per accrescere la sua popolarità ma anche come una consuetudine del presidenzialismo francese. Il presidente della Francia è sempre colui che può premere il bottone della bomba atomica e tutti i presidenti ad un certo punto utilizzano l’intervento militare, non solo per fini strategici ed economici (la Francia non riesce a farne a meno di una logica di potenza), ma anche per fini politici interni. E’ stato il caso di Mitterrand nell’intervento nell’ex-Jugoslavia e di Sarkozy in Libia.

Ma l’intervento in Mali non ha impedito né la chiusura delle fabbriche francesi né il crollo dell’industria francese in questi mesi.  L’impopolarità di Hollande si è arrestata un attimo per poi ricrescere.

Ora, una parte dell’opinione pubblica pensa che un cambiamento della politica di François Hollande possa passare da un cambiamento del governo, sostituendo lo spento e il timido Jean –Marc Ayrault con una persona più carismatica, anche se la mancanza del carisma è una familiarità generale di questa legislatura, secondo i detrattori di Hollande. Ma oltre ai problemi gravi economici del paese, condita da una certa celata tensione nel senno del suo partito, François Hollande è minacciato anche da un’onda crescente degli estremismi politici francesi. Infatti l’impopolarità di Francois Hollande corrisponde alla popolarità di Jean Luc Melenchon, che qualche giorno prima ha riunito in una manifestazione i sindacati e tutto il popolo della sinistra, deluso dalle politiche del governo.  Dall’atra sponda, bisogna sottolineare la crescita esponenziale del Fronte Nazionale di Marine le Pen. La figlia di Jean –Marie le Pen sta mettendo in atto un cambiamento radicale nel partito di estrema destra, ponendosi come l’unico partito, oramai di sistema, capace di proporre delle misure nuove per far uscire la Francia dalla recessione. Marine Le Pen si dissocia sia dall’UMP e dal PS, cercando di attrarre i delusi dei due grandi partiti  francesi. In tutto questo sorprende anche un atteggiamento di distacco del partito d’opposizione dell’UMP, che critica ogni  tanto Hollande ma sembra non profittarne del momento di difficoltà del socialista. In parte questo è dovuto alla confusione e alla divisione tra copeisti e fillonisti all’interno del partito neogollista ma soprattuto al sistema francese che dà all’opposizione un ruolo estremamente marginale durante tutta la durata di un mandato.

P.S

Questo articolo è stato scritto dopo la conferenza stampa di François Hollande del 16 Maggio, dove il presidente, dopo aver preso atto del momento di difficoltà del paese, ha spiegato le sue linee guida per il secondo anno del suo mandato, senza rinunciare alle intenzioni politiche dell’inizio mandato e senza cambiare il governo. Cioè che è stato evidenziato da molti commentatori è stato l’utilizzo della parola offensiva da Hollande durante il suo discorso. Il tempo dirà se sarà un’offensiva vincente o disperata.

Qui troverete il discorso, tradotto in Italiano, di Francois Hollande del 16 Maggio


[1] “Pacoccione è all’altezza?”, intitolava la prima pagina del settimanale “le point”. L’express andava più duro chiamando Hollande, “il signor debole”

[2] Monsieur petite blague è un soprannome dato da Arnaud Montebourg, esponente del partito socialista. Hollande era conosciuto all’interno del Ps per le sue battute bonarie.