LA FRANCIA CAMBIA ! – finalmente

Il Bing bang territoriale, annunciato da Francois Hollande dopo la disfatta alle elezioni europee, è iniziato questa settimana con l’approvazione del progetto di legge che prevede la riduzione delle regioni francesi.

La legge prevede la fusione di alcune regioni perciò nel 2016 la Francia non conterà più 24 bensì 13 regioni. Sono poche le regioni che rimangono invariate come la Provenza Alpi Costa Azzurra, la Corsica e la regione di Parigi ( l’Île-de-France). Nel sud ovest ci sara una grande regione nata dalla fusione dei Midi-Pirenei e Linguadoca-Rossiglione, cosi come nel nord dove prevarrà una grande regione della Piccardia. Nel nord est ci sarà la fusione delle tre regioni attuali (Lorena, Chamapagne Ardenne e Alsazia).

Le regioni francesi nel 2014

Le regioni francesi nel 2014

Anche se in un primo aspetto questa riforma sembra il solito colpo di reni di Francois Hollande per rimediare all’ennesimo fiasco elettorale e all’ennesimo crollo nei sondaggi, la questione territoriale in Francia è un argomento spinoso e pocchi sono riusciti ad imporre una propria volontà nel trattarla.

 

le nuove regioni francesi nel 2016

le nuove regioni francesi nel 2016

 

 

Stato centralizzato per eccellenza, la Francia è stato uno degli ultimi paesi europei a decentralizzarsi ed a promuovere la regione come ente territoriale. Le regioni nascono nel periodo della volontà riformatrice sotto il primo Mitterrand, spinto anche da qualche eletto locale di grande potere come il sindaco di Marsiglia e ministro degli interni Gaston Defferre. Pur nascendo nel 1982 la regione ha validità giuridica solo a partire dal 1986 diventando subito il primo livello di divisione amministrativa dello Stato. Quello che è che conosciuto in Francia come il primo atto della decentralizzazione  nasce in un momento storico particolare caratterizzato dalla nascita del fondo europeo per lo sviluppo delle regioni (FESR). La nascita delle regioni diventa quindi un obbligo intrascendibile.

Tuttavia la regione, fin dalla nascita si trova in lotta constante con l’ente storico del dipartimento, soprattutto per quel che concerne le competenze riservate e quelle in comune. Si partiva col principio che le competenze della regione erano di carattere generale come lo sviluppo economico, la sanità, le grandi infrastrutture, nonché lo sviluppo dell’integrazione territoriale nell’ambito della comunità europea (le euroregioni). Spesso queste competenze vengono appropriate dai dipartimenti oppure dalle inter-communalità (le città metropolitane). Per dare un’idea della confusione che regna sulle competenze dei enti territoriali in Francia, ricordiamo che le regioni finanziano le scuole medie e superiori, i dipartimenti, l’università invece i communi le scuole elementari e gli asili.

La confusione creata dal primo atto di decentralizzazione è stato subito notato dal potere centrale francese non solo per la paradossalità ma soprattutto per i costi elevati e per il potere che gli eletti amministrativi guadagnavano nel tempo. La prassi vuole che in Francia, un deputato sia anche un sindaco o presidente di un dipartimento/regione.nel 2008 ci provò Sarkozy proponendo di sopprimere i dipartimenti ma non ci riusci, le lobby locali s’impossero.

La fusione delle regioni, pur non piacendo ai notabili locali di destra e di sinistra, è un modo secondo Hollande di limitare gli sprechi enormi della decentralizzazione ma anche il potere nobiliare di molti esponenti politici. Certe personalità come Martine Aubry ( PS Deputato, sindaco di Lilla) oppure Alain Juppé ( UMP, deputato e sindaco di Bordeaux) sonno sempre dei potenziali antagonisti del presidente, il secondo si profila come un diretto avversario alle prossime presidenziali.

La Francia pur cambiando la sua struttura amministrativa locale resta comunque, uno stato giacobino, il presidente ovvero il potere centrale decide, comanda ed eseguisce.

 

 

Hollande, cosa resta di quei bei giorni?

Il 15 maggio del 2012 François Hollande prendeva de facto il potere e diventava il settimo presidente della V repubblica francese. Oggi, ad un anno esatto dalla sua vittoria il giudizio che regna sull’ ex segretario del partito socialista francese è tutt’altro che positivo. L’opinione pubblica, per quanto essa sia inessenziale, aumenta il dissenso dei francesi nel presidente che una anno fa prometteva nello stesso tempo cambiamento (changement) e unione tra i francesi  (ressemblement). Il presidente Hollande appare sempre di più negli occhi dei francesi un pacioccone[1], che non si rende conto dell’importanza della sua funziona restando immobile, incapace di prendere decisioni e che spera di risolvere tutto con una battuta(il signor scherzetto)[2].

Il pessimismo antropologico dei francesi nei momenti di difficoltà non può spiegare l’impopolarità di Hollande. Il politologo  Pascal Perrinau, specializzato oramai più nei sondaggi che nel studiare la politica, ci propone una tesi nella quale si riprendente una visione popolare che vedi i francesi votare a sinistra solo quando tutto va male. Politicamente, la Francia è la patria di una destra moderata e patriotica nel suo genere unica ma anche di una sinistra che più socialdemocratica e una sinistra formata da notabili. Ma il gaullismo e il socialismo francese  sono stati preceduti nella storia francese da una destra estrema e nazionalista  et dal trotzkismo. Quindi parlare dei francesi che sono semplicemente destra è riduttivo.

Il trionfo del 6 Maggio e le promesse di cambiamento di Hollande sembravano le premesse per una nuova epoca di speranza per i francesi, un po’ stufi e un po’ delusi dalla mancata “rottura” col passato di Sarkozy. Recentemente un documentario molto interessante raccoglie delle testimonianze, dove si suppone che la destra francese, delusa dal comportamento di Sarkozy, non abbia mobilitato tutte le sue  forze per far vincere il suo candidato.

Il miraggio del cambiamento.

Il presidente vincente e forte d’entusiasmo parte subito all’offensiva mettendo in pratica alcune promesse che accontentano il popolo della gauche; si tratta dell’imposta sui redditi superiori a 1 milione di euro e del matrimonio gay, anche se la legge sul matrimonio per tutti ha diviso la Francia in due. Altri impegni elettorali di Hollande, favorevoli  alla sua fazione politica si stanno mettendo all’opera o sono già stati votati, come la laicità a scuola o la fine del cumulo dei mandati, piuttosto difficile quest’ultima poiché si tratta di una pratica  quasi universale della politica francese.

Ma la preoccupazione per il nuovo presidente e anche il mezzo per raggiungere il “rassemblement” tra i francesi era ed è il lavoro e la crescita economica. La fiducia del popolo francese a Hollande era basata decisamente su questo punto.L’inizio del quinquennio di Hollande  prometteva una nuova ondata  di cambiamento non solo in Francia ma soprattutto in Europa.

La missione di Hollande nei primi mesi del suo mandato è quella di far situare la Francia in mezzo al nuovo progetto europeo basato sulla crescita economica e sulla coesione politica  e sociale tra i popoli europei. Il discorso del capo dell’Eliseo al parlamento europeo alla fine del 2012 e le sue riserve sul budget europeo, considerato troppo austero e contrario alla crescita economica dell’eurozona, sarebbe potuto passare per un momento rivoluzionario  di fronte ai partigiani della austerity europea, capeggiati dalla cancelliera Angela Merkel. L’intento di Hollande di dare all’Europa una nuova visione può essere considerato innovativo anche di fronte ad una frangia del partito socialista francese, spesso suscettibile di fronte all’Unione Europea, quella sinistra che rifiutò nel 2005 la Costituzione europea. Ma tutti i buoni propositi di Hollande svaniscono il giorno dopo.

Il nuovo bilancio, il più ristretto della storia della comunità europea, è approvato anche dalla Francia. Anche alla Francia, come agli altri paesi europei, gli viene  imposta una politica di rigore. Oltre all’austerità la Francia deve affrontare dei numeri della Francia allarmanti: la disoccupazione ha raggiunto un record storico a marzo 2013 del 12%, il deficit pubblico anche se abbassato da Hollande al 3,7% nel 2013 è ancora lontano dal fatidico 3% di Maastricht, infine l’aumento del debito pubblico (90.2 % nel 2013) e l’assenza di crescita (- 0,2% per il 2013) non donna tranquillità al socialista, la quale popolarità è ai minimi storici.

Il presidente Hollande, durante il suo giuramento lo scorso 15 Maggio

Il presidente Hollande, durante il suo giuramento lo scorso 15 Maggio

 I problemi all’interno.

Come se non bastassero i numeri tragici del paese d’oltralpe, la popolarità di Hollande è minacciata da un clima politico molto effervescente.

Nel mese di dicembre escono sul sito media-parte delle indiscrezioni su un conto illegale in Svizzera al nome del ministro delle finanze Jerome Cahuzac. Il ministro, dopo un’indagine, dimissiona ma rifiuta l’accusa proclamandosi innocente di fronte al parlamento, per poi ammettere la sua colpevolezza.

Per Hollande e per il partito socialista sembra un fulmine in un cielo già pieno di nuvole. Il presidente si distanzia e accusa Cahucaz di aver tradito il partito, la fiducia del presidente e dei francesi. Però la situazione è incandescente anche all’interno del partito socialista. Si comincia a parlare di cambiamenti al governo e dello stesso primo ministro Ayrault, giudicato anche lui  molto timido di fronte alle grandi responsabilità che deve assumere. Molti esponenti socialisti e anche ministri di primo rango come il ministro dell’industria Montebourg e il ministro dell’economia Pierre Moscovici cominciano a lanciare delle invettive esplicite contro la politica economica europea e contro il ruolo della Germania, colpevole di soffocare ogni tentativo di crescita dell’economia. Non è forse un caso che l’unico ministro ad avere una certa popolarità è il ministro dell’interno Manuel  Walls, potenziale candidato ad un ruolo di guida del governo, anche se è considerato da tutti un non-socialista.

Che fare?

François Hollande è nato e cresciuto politicamente nella quinta repubblica e checché se ne dica del suo immobilismo, ha cercato di ribadire la proprio autorità come hanno fatto tutti i suoi predecessori all’Eliseo con un intervento militare. L’intervento della Francia nel Mali, all’inizio del 2013, anche se arriva in un momento “propizio”  non va visto solo come un colpo di reni di Hollande per accrescere la sua popolarità ma anche come una consuetudine del presidenzialismo francese. Il presidente della Francia è sempre colui che può premere il bottone della bomba atomica e tutti i presidenti ad un certo punto utilizzano l’intervento militare, non solo per fini strategici ed economici (la Francia non riesce a farne a meno di una logica di potenza), ma anche per fini politici interni. E’ stato il caso di Mitterrand nell’intervento nell’ex-Jugoslavia e di Sarkozy in Libia.

Ma l’intervento in Mali non ha impedito né la chiusura delle fabbriche francesi né il crollo dell’industria francese in questi mesi.  L’impopolarità di Hollande si è arrestata un attimo per poi ricrescere.

Ora, una parte dell’opinione pubblica pensa che un cambiamento della politica di François Hollande possa passare da un cambiamento del governo, sostituendo lo spento e il timido Jean –Marc Ayrault con una persona più carismatica, anche se la mancanza del carisma è una familiarità generale di questa legislatura, secondo i detrattori di Hollande. Ma oltre ai problemi gravi economici del paese, condita da una certa celata tensione nel senno del suo partito, François Hollande è minacciato anche da un’onda crescente degli estremismi politici francesi. Infatti l’impopolarità di Francois Hollande corrisponde alla popolarità di Jean Luc Melenchon, che qualche giorno prima ha riunito in una manifestazione i sindacati e tutto il popolo della sinistra, deluso dalle politiche del governo.  Dall’atra sponda, bisogna sottolineare la crescita esponenziale del Fronte Nazionale di Marine le Pen. La figlia di Jean –Marie le Pen sta mettendo in atto un cambiamento radicale nel partito di estrema destra, ponendosi come l’unico partito, oramai di sistema, capace di proporre delle misure nuove per far uscire la Francia dalla recessione. Marine Le Pen si dissocia sia dall’UMP e dal PS, cercando di attrarre i delusi dei due grandi partiti  francesi. In tutto questo sorprende anche un atteggiamento di distacco del partito d’opposizione dell’UMP, che critica ogni  tanto Hollande ma sembra non profittarne del momento di difficoltà del socialista. In parte questo è dovuto alla confusione e alla divisione tra copeisti e fillonisti all’interno del partito neogollista ma soprattuto al sistema francese che dà all’opposizione un ruolo estremamente marginale durante tutta la durata di un mandato.

P.S

Questo articolo è stato scritto dopo la conferenza stampa di François Hollande del 16 Maggio, dove il presidente, dopo aver preso atto del momento di difficoltà del paese, ha spiegato le sue linee guida per il secondo anno del suo mandato, senza rinunciare alle intenzioni politiche dell’inizio mandato e senza cambiare il governo. Cioè che è stato evidenziato da molti commentatori è stato l’utilizzo della parola offensiva da Hollande durante il suo discorso. Il tempo dirà se sarà un’offensiva vincente o disperata.

Qui troverete il discorso, tradotto in Italiano, di Francois Hollande del 16 Maggio


[1] “Pacoccione è all’altezza?”, intitolava la prima pagina del settimanale “le point”. L’express andava più duro chiamando Hollande, “il signor debole”

[2] Monsieur petite blague è un soprannome dato da Arnaud Montebourg, esponente del partito socialista. Hollande era conosciuto all’interno del Ps per le sue battute bonarie.

Il ruolo del referendum nella quinta repubblica

Una delle caratteristiche del sistema politico della Francia moderna e il ricorso sovente alla volontà del popolo. I primi referendum della quinta repubblica sono organizzati proprio da De Gaulle, per l’approvazione della costituzione del ’58. Nel 1962 De Gaulle propone al popolo francese un altro gli accordi di Evian, quelli che sanciscono in pratica la fine della Guerra con l’Algeria. Il popolo francese risponde positivo col 74% di sì. Però lo stesso anno il generale mette all’opera un “altro colpo di stato costituzionale”. Infatti, il generale propone di cambiare la costituzione del 58 per quanto riguarda la scelta del presidente della repubblica che secondo la legge fondamentale è scelto dalle camere. De gaulle vuole un presidente eletto dal popolo (fonte di ogni potere) a suffragio universale. In questo momento le camere sono ostili al presidente de Gaulle e il dibattito politico è molto violento perché De Gaulle sceglie lo stesso di proporre un referendum.

Grazie all’art 89 della costituzione della quinta repubblica il presidente della repubblica ha il potere di proporre un referendum per leggi ordinarie, però per quanto riguarda la revisione costituzionale la costituzione indica con che sono le camere insieme al presidente a decidere il referendum. De Gaulle, su una revisione costituzionale (l’art.11 ) ignora ancora la legge in vigore. Avendo il diritto e sapendo che le camere erano contrarie, De Gaulle scioglie le camere, dopo aver avuto le dimissioni del governo e organizza il referendum il 28 Ottobre del 1962. Con un risultato meno plebiscitario degli altri, i francesi rispondono sì all’elezione diretta del presidente. Dopo un mese De Gaulle ha anche la maggioranza alle Camere alle legislative. Però, il dibattito politico violento del ‘62 si ripercuoterà sulla popolarità di De Gaulle. Difatti, giunto alla fine del mandato di 7 anni, nel 1965 De Gaulle affronta per la prima volta le elezioni presidenziali a suffragio universale diretto. Quando tutti si aspettavano un altro risultato plebiscitario a favore del generale, con grande sorpresa  De Gaulle si trova in ballottaggio con uno sconosciuto Mitterrand appoggiato da una sinistra ancora poca organizzata. Alla fine De Gaulle vince il secondo turno con il 55% della preferenza ma da lì a poco il generale capisce che la sua popolarità sta pian piano svanendo, soprattutto con la primavera francese del ‘68. Essendo fiero del sistema messo in piedi da lui stesso, De Gaulle propone un altro referendum su una modifica del Senato, però in verità di tratta per il fiero generale di un test di popolarità. Il referendum, indetto nell’aprile del ‘69, sancisce la fine dell’epoca gaullista, poiché il generale si rende conto della fine della sua popolarità e si allontana dalla scena politica, questa volta definitivamente.

Un arma politica che piace a tutti.

La tecnica del referendum è stata usata dai presidenti anche per decisioni riguardanti la società o il ruolo della Francia nel mondo. C’è da ricordare il referendum indetto dal successore di De Gaulle, Georges Pompidou il quale nel ‘72 chiede ai francesi se sono favorevoli all’entrata della Gran Bretagna e Norvegia nella Communita Europea. Vent’anni  dopo Mitterrand chiede al popolo francese se è d’accordo nell’applicare il trattato di Maastricht. In questi referendum guadagna il sì ma c’è da notare il grande tasso di astensione poiché si tratta di referendum fatti per testare la fiducia politica del presidente che è al potere.

Un caso particolare è il referendum sulla costituzione Europea del 2005, indetto da Chirac, il  quale dichiara che la questione concerne direttamente i francesi.  Per la seconda volta durante la quinta repubblica guadagna il no con il 54%. Un appassionato dibattito accende la Francia, poiché la questione e bipartisan. Sia a destra che a sinistra ci sono delle divisioni sulla costituzione europea e cui si aggiungono la poca popolarità del governo Raffarin e la famosa direttiva Bolkenstein, che è tradotta dai francesi con il caso dell’idraulico polacco che ruba il lavoro all’idraulico francese.

Il primo a fare i conti con il no alla costituzione europea dei francesi. Il primo ministro jean Pierre Rafarin che presenta le dimissioni a Jacques Chirac

Il primo a fare i conti con il no alla costituzione europea dei francesi. Il primo ministro jean Pierre Rafarin che presenta le dimissioni a Jacques Chirac

Innanzitutto il referendum rappresenta per la quinta repubblica una legittimazione di essa stessa. Vi è scritto nei principi di essa stessa che la volontà popolare è la fonte di ogni potere. Troviamo in questo principio un richiamo diretto all’epoca della Rivoluzione. La quinta repubblica incarna un sistema giacobino e per attenuare questa caratteristica il richiamo alla volontà popolare rimane una scelta obbligatoria. Però se per il generale De Gaulle il referendum rappresentava l’assoluta legittimità del potere e in parte del suo potere nel tempo questa tecnica assume contorni piuttosto politici per tutti gli altri presidenti che seguiranno. Tutto ciò spiega perché dal ‘72 in poi la volontà popolare non sarà più plebiscitaria indipendentemente dal tema del referendum.

LA QUINTA REPUBBLICA FRANCESE

Il generale Charles de Gaulle

Il generale Charles de Gaulle, primo presidente della quinta repubblica francese

        La quinta repubblica nasce ufficialmente il 5 ottobre 1958 quando l’Assemblea Nazionale, cioè il parlamento francese approva la nuova costituzione preparata da un gruppo di esperti e deputati sotto la guida del guardasigilli dell’epoca e futuro primo ministro di De Gaulle, Michel Debré. Intanto il generale De Gaulle era al potere come primo ministro dal 13 Maggio 1958, giorno in cui ad Alger le proteste degli algerini diventano una minaccia seria per la Francia. Da questo giorno al generale De Gaulle li sono conferiti i pieni poteri ed e lui a incitare la modifica della costituzione della quarta repubblica.   Bisogna soffermarsi sul termine modifica poiché in principio, il ruolo di De Gaulle era innanzitutto  quello di condurre la Francia fuori dalla crisi algerina, grazie alle sue capacità e il suo ruolo nell’esercito francese e in seguito sistemare l’impasse politico creato dalla quarta repubblica. Ma l’eroe della seconda guerra mondiale si vendica a suo modo della quarta repubblica, non modificando ma spazzando via la costituzione precedete sostituendola con una costituzione nuova dove il presidente della repubblica diventa il perno centrale del sistema. Ciò facendo, il generale compie un vero e proprio colpo di stato, poiché dopo aver modificato la costituzione de Gaulle stabilisce un referendum popolare per approvare. La risposta sarà plebiscitaria con uno score di 81%.  Pero il colpo di stato, secondo alcuni costituzionalisti sta nel fatto che nella costituzione precedente ogni revisione costituzionale doveva essere approvata dall’Assemblea Nazionale e il Senato, che invece sono ignorate da De Gaulle rimettendo la questione solo al popolo.

Il generale Charles De Gaulle diventa presidente della repubblica, scelto da un collegio composto da grandi elettori (deputati, senatori e rappresentati dei consigli generali) e stabilisce da lì a poco tempo una repubblica semi presidenziale, totalmente diversa dal regime precedente e profondamente ripudiato da De Gaulle.

Sembra perciò utile soffermarsi sulla quarta repubblica e capire perché il profondo disprezzo che De Gaulle e i francesi avevano per questo sistema, che nella Francia d’oggigiorno è diventato talvolta un sinonimo per spiegare il sistema politico italiano.

La quarta repubblica. Un’instabilità che fa paura ai francesi.

La quarta repubblica nasce dopo la fine della seconda guerra mondiale, quando una nuova costituente formata dai partiti che avevano combattuto durante la Resistenza e  scrive una nuova costituzione non molto diversa da quella della Terza repubblica.

Si tratta di un sistema prettamente parlamentare, dove l’organo legislativo diventa il centro di tutto il sistema fungendo anche da esecutivo.  I tre partiti maggiori sono i socialisti della SFIO, i communisti della PCF e l’Unione popolare francese(RPF). Quest’ultimo era il partito del generale, il quale si dichiara subito contrario a questa forma di governo dove regnano i partiti e i giochi sporchi che si svolgono nel Parlamento. Infatti, da subito bolla la Quarta repubblica come la repubblica dei partiti e dei notabili e dopo lascia la scena politica[1], anche se il suo partito resta sempre all’opposizione. Il generale non aveva del tutto torto. La quarta repubblica è caratterizzata da un’instabilità politica costante, i governi cambiavano anche 2 volte al mese poiché erano sempre schiavi degli umori del parlamento. Un parlamento dove una maggioranza era sempre impossibile a raggiungere. Da un lato i partiti più grandi non si allevano mai tra di loro (comunisti e socialisti), dall’altro un sistema elettorale proporzionale che faceva entrare nell’Assemblea partiti minori o partiti minori fatti al momento. Si tratta ovviamente del movimento Pujadista, un movimento radical-populista formata dai piccoli commercianti perché contrari alla politica fiscale del governo, tra le quali troviamo anche un  giovane Jean- Marie Le Pen.

Spiegare della quarta repubblica solo i suoi difetti sistemici è riduttivo e non pertinente al nostro discorso. Però, à posteriori possiamo dire che la fine della Quarta Repubblica è dovuta soprattutto alle crisi delle colonie; prima la guerra in Indocina e la perdita delle colonie in Asia nel 54 poi la Guerra dell’Algeria che segna l’inizio dell’arrivo al potere di De Gaulle.


[1] La famosa traversata del deserto cioè la sparizione completa del generale finita nel ‘58 con il ritorno in politica di De Gaulle.